Libia: primo caso Covid-19, sanità collassata e civili in quarantena volontaria uccisi dalle bombe di Haftar

di Pietro PanicoDossier Libia

Mentre si registra il primo caso di Coronavirus in Libia, un saudita di 73 anni giunto in loco attraverso la Tunisia, il popolo libico si rintana nelle case per evitare di contrarre il virus in una quarantena volontaria che rischia di essere una trappola per topi.
A Tripoli, infatti, ormai si è giunti ad un livello di drammaticità senza precedenti e la gente di fatto sceglie come morire: in strada per i proiettili e/o rischiando di contrarre l’infezione o in casa in quarantena mentre contemporaneamente Haftar sgancia le bombe sulle case massacrando uomini donne e bambini. Strade senza via d’uscita.
La situazione in Libia resta gravemente drammatica: il cessate il fuoco del 12/01/2020 non è stato rispettato nonostante l’emergenza sanitaria che ormai ha varcato le porte della nazione.
Da una parte il fronte GNA di Al Sarraj, sostenuto dalla comunità internazionale e con sede nella capitale. Dall’altra il LNA, del comandante della Cirenaica Haftar.
La tregua non è stata rispettata e si registrano bombardamenti a Tripoli, sulla prigione al-Rweni nel distretto di Ain Zara, nella parte meridionale della città. Da segnalare inoltre l’abbattimento di un drone GNA di proprietà turca (e fabbricazione francese?)(1).

Lunedì le bombe sganciate da Haftar hanno causato la morte di cinque civili, tra cui una donna. In soli tre mesi scarsi si registrano più di mille vittime e 150.000 sfollati.
Negli ospedali, obiettivi insieme alle scuole della violenza cieca del fronte Haftar-Arabia Saudita – Russia- Egitto, c’è carenza di macchinari e sistemi di protezione. In Libia orientale, roccaforte del fronte LNA, gli stipendi erogati dalla banca centrale di Bengasi (creata in contrapposizione a quella tripolitana) sembra non siano stati versati e i medici, di risposta, si rifiutano di andare a lavoro anche per totale assenza di mascherine e guanti protettivi.
I civili libici, coscienti del vicino focolaio europeo, hanno provato ad adottare misure preventive quali la quarantena volontaria: i due leader della nazione, Al Sarraj ed Haftar, incuranti delle sofferenze del proprio popolo invece continuano a violare la tregua massacrando le persone e giocando al patetico crudele ed infantile gioco “è stato lui ad iniziare”.
Un modus operandi che porterà alla violenta diffusione del virus ed atrocità senza precedenti.
Il sistema sanitario libico non può reggere l’epidemia. E’ carente sotto ogni ambito.

Per misurare la sanità di un Paese esistono sei parametri che generano una sintesi finale (2). E tre classificazioni (in ordine di efficienza): “most prepared” la prima, “more prepared” la seconda e “least prepared” la terza.
Primo parametro: “Prevention of the emergence or release of pathogens”, ovvero la prevenzione alla comparsa e/o rilascio di agenti patogeni. La Libia è al 145° posto (su 195 nazioni) con punteggio 23.2 e rientrante nella categoria “least prepared”, la peggiore.
Il secondo, “Early detection & reporting for epidemics of potential international concern”. Trattasi della capacità del sistema sanitario di individuare/segnalare in tempo le epidemie potenzialmente preoccupanti a livello internazionale: 111° posto (punteggio 36.0) e seconda fascia, more prepared.
Terzo parametro: “Rapid response to and mitigation of the spread of an epidemic”. Ovvero la prontezza in una risposta rapita per mitigare la diffusione dell’epidemia. Il sistema sanitaria libico non è in grado, si attesta al 185° posto (18.9). La fascia è l’ultima, impreparata.
Quarto punto,“Sufficient & robust health system to treat at the sick & protect health workers”. Quindi la capacità della sanità nazionale di proteggere la salute dei lavoratori: 170° posto (9.1.) ed ultima fascia anche qui.
Quinto, “commitments to improving national capacity, financing and adherence to norms”, gli sforzi volti a migliorare la capacità nazionale, il finanziamento ed il rispetto delle leggi: 177° posto (31.0) ed ultima fascia.
Sesto ed ultimo parametro“overall risk environment and country vulnerability to biological threats”. Trattasi del rischio/vulnerabilità dinanzi ad armi biologiche: 159° posto (39.0) e seconda fascia.
Infine il punteggio complessivo (“overall score”), sintesi dei sei parametri precedenti.
La Libia ed il suo sistema sanitario sono al 168° posto (25.7) dietro a nazione che nel corso dei decenni hanno vissuto epidemie, drammi e violenze. Per esempio, è dietro al Sudan (163°), all’Iraq (167°), Zambia (152°), Niger (132°) e perfino dietro l’Afghanistan (130°) per rendere l’idea dell’impreparazione della sanità libica.
In questo scenario s’inserisce la gravissima emergenza migranti, intrappolati negli illegali centri di detenzione.
Le forze parastatali e di stampo mafioso della Libia fanno capo a Bija e scagnozzi: hanno assunto il potere della sedicente Guardia costiera, sono i guardiani delle carceri, fanno soldi a tonnellate nel ruolo di trafficanti e prendono per la cravatta Al Sarraj. Per rendere l’idea, come se in Italia venisse dato il compito di gestire i flussi in entrata/uscita dal Brennero e delle carceri al boss di un’organizzazione mafiosa.
Il doppio ruolo di trafficante/Guardia costiera ha consentito al boss libico Bija due cose: la prima, nel ruolo di trafficante estorsione di denaro ai migranti e nel ruolo di Guardia costiera ai Paesi europei.
La seconda, di avere un enorme potere contrattuale sia a livello regionale sia internazionale: testimonianza i vari memorandum stipulati dagli Stati occidentali ufficialmente con il GNA ma ufficiosamente con l’organizzazione parastatale. Oppure il decreto libico 1034/2019 (3), normativa ad personam (Bija) che denota una violenta aggressione verso le ONG europee ed altrettanto violenta presa di posizione verso l’Europa intera.

La sintesi di questa escalation/scalata di poter si traduce in una cosa: i migranti sono interamente alla mercé di Bija e con l’aggravarsi dell’epidemia saranno ancora di più carne da macello nelle mani di un mafioso senza scrupoli.
Le organizzazioni internazionali hanno il dovere di intervenire per un immediato cessate il fuoco, non solo a parole: bisogna fare pressione concreta per la liberazione dei migranti rinchiusi nelle carcere detentive e tutelare i civili libici dalla follia Al Sarraj – Haftar.
Gli Stati occidentali devono cessare la vendita miliardaria di armi alle nazioni implicate nel conflitto libico: non solo per rispettare le proprie normative nazionali, non solo per rispettare le convenzioni internazionali, ma anche per non essere complice della razzia di Arabia Saudita e company in Libia.
Il popolo libico ed i migranti non possono reggere al binomio catastrofico guerra – Covid19.