Violenza sulle donne in aumento: altro che San Valentino

San Valentino, la festa degli innamorati: eppure, quanti sono i retroscena che vedono, in tutto il mondo, milioni di donne vittime della violenza?

di Rosarianna RomanoOTHERNEWS

violenza sulle donne

San Valentino, la festa degli innamorati. Festa sacrosanta: è giusto che esista e che le coppie se la godano. Eppure, quante zone d’ombra nascondono quelli che – apparentemente – possono sembrare i palcoscenici più luminosi? Soprattutto da quando la pandemia ha ossessionato questo mondo, quegli stessi palcoscenici sono i teatri delle più aberranti nefandezze della miseria umana. Così come i teatri sono chiusi, oscurate sono molte storie di donne, storie che vanno in scena sui palcoscenici delle case. Le stesse stanze che dovrebbero proteggerci da un virus sono celle di detenute nella prigione delle loro abitazioni e dei loro compagni.

Le leggi contro la violenza sulle donne in Italia

Il codice penale italiano (del 1930, scritto da Alfredo Rocco, ministro della giustizia nel governo Mussolini) riverbera la concezione di un mondo dove la subalternità delle donne rispetto agli uomini era prassi e legge. Nel corso del tempo, per fortuna, si sono succedute diverse norme che hanno tenuto conto delle sentenze della corte costituzionale, attraverso leggi che hanno adeguato il codice agli obblighi internazionali come l’adesione alla convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, approvata dal Consiglio d’Europa il 7 aprile 2011.

Nel 2013 è stata approvata la “legge sul femminicidio“, la numero 119, in attuazione della convenzione di Istanbul.
Nel 2019 il parlamento è intervenuto nuovamente sul tema, adottando altre misure per contrastare la violenza di genere con la cosiddetta “legge sul codice rosso“.

La storia continua e, proprio negli ultimi giorni, la Corte costituzionale ha evidenziato in una sentenza come il sistema vigente di attribuzione del cognome paterno ai figli sia il «retaggio di una concezione patriarcale della famiglia»: si mette in dubbio, dunque, la legittimità costituzionale dell’articolo 262 del Codice civile che stabilisce l’assegnazione ai figli e alle figlie del solo patronimico. Questa messa in discussione di un’usanza ormai cristallizzata da secoli dimostra come il sentire comune della società civile si richiami ormai ai valori dell’uguaglianza di genere, dopotutto sancita dall’articolo 3 della nostra costituzione.

Il 2020: l’anno della pandemia e dei femminicidi

In tutto il mondo, una delle prime cause di morte delle donne tra i 16 e i 44 anni è l’omicidio, compiuto troppo spesso da persone conosciute dalle vittime: secondo uno studio delle Nazioni Unite, il 58% degli omicidi di donne riportati nel 2017 è stato commesso dal partner, da un ex partner o da un familiare.
Nel mondo, si verificano 137 femminicidi ogni giorno. l’Italia non fa eccezione: il tasso, nel nostro paese, oscilla intorno allo 0,5 per centomila donne, simile a quello di Grecia, Spagna e Portogallo e pari a meno della metà di quello medio di Europa e Nordamerica. Gli Stati Uniti (insieme a paesi come Lettonia, Estonia, Lituania) presentano un valore quadruplo di quello italiano. Il Canada, la Finlandia e la Germania, invece, registrano un valore doppio.

I numeri parlano: nel 2020 a calare sono stati gli omicidi ma non i femminicidi. Il report dell’Istat sulla criminalità e gli omicidi in Italia comunica che nel primo semestre 2020 «gli assassini di donne sono stati pari al 45% del totale degli omicidi – contro il 35% dei primi sei mesi del 2019 – e hanno raggiunto il 50% nei mesi di marzo e aprile 2020». Le vittime sono state uccise principalmente in ambito affettivo e familiare (90% nel primo semestre 2020) e da parte di partner o ex partner (61%).
Durante il primo lockdown, infatti, le richieste d’aiuto ai centri antiviolenza italiani sono aumentate del 73%, secondo l’Istat. In crescita anche le chiamate al numero verde 1522, la linea nazionale per le donne vittime di violenza e stalking .

Anche stracciando e gettando via il triste calendario 2020, che ha contato ogni tre giorni un femminicidio, voltando pagina la situazione non cambia: dall’inizio del 2021, in Italia, già sette donne sono state uccise, due delle quali la scorsa domenica, una settimana prima di San Valentino.
Sono i numeri di una «società intera che perpetra una strage», come dicono le donne del collettivo femminista Non una di meno: per questo oggi, alla vigilia di San Valentino, torneranno nelle piazze per gridare la rabbia delle donne. E non saranno le uniche.

La violenza del Gender Gap

A questi dati devastanti si aggiungono anche quelli della violenza del Gender Gap. La giornalista e scrittrice bielorussa Svjatlana Aleksievič, premio Nobel per la Letteratura nel 2015, scriveva: «Il lavoro non ha un volto di donna»: il Coronavirus, ahinoi, ha incrementato questa realtà.
In più, «le donne hanno ancora il 70% del carico di lavoro domestico e di cura, anche ad alti livelli di istruzione della coppia. Più della metà delle donne occupate svolge più di 60 ore settimanali per il lavoro di cura familiare a fronte delle 46,6 degli uomini», constata Rossella Ghigi, professoressa del Dipartimento di Scienze Dell’Educazione dell’Università di Bologna.

Appena qualche giorno fa, l’11 febbraio, si è celebrata in tutto il mondo la sesta Giornata Internazionale per le Donne e le Ragazze nella Scienza, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2015. Tuttavia, in Italia, pesa ancora il divario di genere nelle materie Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics), di cui si parla anche nel Recovery Plan per investire più fondi e colmare così questo gap. Tuttavia, le donne impiegate in questi settori restano una minoranza anche in tutta Europa, circa il 41%.

A livello internazionale, il World Economic Forum ha presentato un report che mette in evidenza il divario di genere nel mondo: secondo la classifica riportata dal Global Gender Gap Report 2020, l’Italia si attesta al 76esimo posto su 153, guadagnando solo una posizione in più rispetto alla classifica del 2006.

Leggi anche: UN PASSO AVANTI, PER TUTTI

Le donne che combattono nel mondo

Lo scorso anno, nel giorno degli innamorati, una dozzina di Femen si incatenavano ai lampadari del Pont des Arts di Parigi, per protestare contro i femminicidi: «Non ti amo da morire», gridavano, la testa ornata da corone di fiori. Secondo l’agenzia France Presse, sono almeno 126 i casi di femminicidi recensiti in Francia nel 2019, ovvero una media di una donna uccisa ogni tre giorni.

Migliaia di donne combattono nel mondo, urlando la loro rabbia e lottando per i loro diritti. Molte sono imprigionate per questo: in Arabia Saudita, Loujain al-Hathloul, attivista per i diritti delle donne, è stata rilasciata il 10 febbraio dopo 1.001 giorni di detenzione. Al contrario, Il 19 gennaio l’avvocata Nasrin Sotoudeh, arrestata nel giugno del 2018 per aver difeso alcune donne che avevano manifestato contro l’obbligo d’indossare il velo, ha salutato ancora una volta il marito Reza Khandan, la figlia Mehraveh e il figlio Nima ed è rientrata nel carcere femminile di Qarchak, circa a trenta chilometri a sud di Teheran, in Iran.

In Iraq, nel 2020, secondo la Commissione parlamentare sui diritti umani, si sono registrati 17mila casi di violenza domestica (numero che rappresenta soltanto il vertice della piramide della cifra reale).
Nel 2019 circa 440 donne sono state uccise da uomini in Turchia dove le donne che si oppongono ai femminicidi, agli abusi, alle molestie e agli stupri sono processate.

Negli ultimi anni, le accuse di immoralità, in particolare contro donne, sono diventante sempre più diffuse in Egitto, in base a una controversa legge del 2018 sui reati informatici, che criminalizza gli atti che violano “i valori egiziani della famiglia”. Molte di queste donne sono accusate di «aver violato il pubblico decoro e aver incitato alla depravazione» per aver pubblicato video in cui ballavano e cantavano su piattaforme come TikTok. Addirittura, tra le accuse c’è anche quella di traffico di esseri umani, in quanto avrebbero sfruttato followers per un ritorno economico, un reato che prevede una pena massima di 25 anni di carcere.

Il patriarcato è un giudice
che ci giudica per essere nate.
E il nostro castigo
è la violenza che non vedi.

Il crimine è il femminicidio.
Impunità per il mio assassino.
È la scomparsa.
È lo stupro.

E la colpa non era mia
né di dove stavo né di come ero vestita.
E la colpa non è mia.
né di dove stavo né di come ero vestita.

Lo stupratore sei tu.
Lo stupratore sei tu.
Sono i poliziotti.
I giudici.
Lo stato.
Il presidente.

Questi, i versi della canzone intitolata Un violador en tu camino (Uno stupratore sul tuo cammino), ideata lo scorso anno dal collettivo femminista cileno Las Tesis: la performance che accompagna la canzone è stata replicata 367 volte in 52 paesi come un forte atto di resistenza che rientra in un nuovo movimento globale, con l’obiettivo di lottare contro le violazioni dei diritti delle donne, le violenze e i femminicidi in tutto il pianeta.

Speranze contro la violenza sulle donne

E questi non sono che pochissimi esempi: nel mondo centinaia di donne protestano contro la violenza e muoiono per rivendicare ciò che dovrebbe essere scontato in una società civile. Sembra una battaglia senza fine che, tuttavia, passo dopo passo dimostra che può (e deve) essere vinta: il 2021 è cominciato con una donna come vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, mentre all’altro capo del mondo, la prima ministra della Nuova Zelanda Jacinda Ardern aveva già presentato un modello di leadership al femminile che le ha permesso di essere rieletta con percentuali da record. 

17 sono gli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall’Onu per affrontare le grandi sfide globali: nell’Agenda 2030sottoscritta nel 2015 da 193 paesi, un traguardo fondamentale è proprio la piena parità di genere. Le donne non sono un soggetto svantaggiato o una sottocategoria: parliamo della metà del pianeta.

Il mio computer segna questa parola – “femminicidio” – in rosso, come se non esistesse, come un errore: con questa speranza, un buon San Valentino, sempre contro la violenza sulle donne.

Leggi anche: In Cile il flash mob femminista contro lo stupro di Stato