Proteste, Haiti: la disputa sul mandato quinquennale del Presidente Moise

Il Presidente Moise dichiara lo “stato di emergenza” dopo le ultime proteste ad Haiti. Una storia fatta di brogli elettorali, violentissime manifestazioni, gang in lotta e crisi politica. Intanto, sullo sfondo, una società dimenticata che chiede giustizia, devastata da catastrofici eventi naturali ed instabilità economica.

di Naomi Di Roberto – OTHERNEWS

Proteste Haiti: il perché delle violenze
Immagine ricavata da ANSA

Lo scorso 18 marzo, dopo tanti episodi di violenze e proteste ad Haiti, il Presidente del Paese Jovenel Moise ha firmato un decreto con cui ha dichiarato lo stato di emergenza per un mese. Le aree “più calde” interessate sarebbero: Village de Dieu, Grand-Ravine, Delmas 2, Savien, la Petite Rivière de l’Artibonite. Ricordiamo inoltre che, proprio lo stato di emergenza, permetterebbe di limitare i diritti dei cittadini, per far sì che le forze dell’ordine possano riprendere il controllo della situazione. Quale situazione? Che cosa sta accadendo ad Haiti?

Proteste ad Haiti: pro o contro Moise?

Jovenel Moise vince per la prima volta le elezioni presidenziali nel 2015, ma queste vennero annullate per frode. L’anno successivo si è tenuta quindi un’altra votazione che Moise avrebbe nuovamente vinto con il 55,6% delle preferenze. Il Presidente, però, iniziò ufficialmente a governare solo il 7 febbraio 2017: questo il centro dell’analisi. Per tale ragione, infatti, Moise sosterrebbe che il suo mandato non scadrà prima del febbraio 2022, mentre gli oppositori ritengono che, a norma di Costituzione, il Presidente avrebbe dovuto lasciare l’incarico quest’anno. 

Da qui prendono il via le numerose proteste che stanno infuocando Haiti. Ma andiamo per gradi. L’articolo 134-1 della Costituzione del Paese affermerebbe che:

“la durata del mandato presidenziale è di cinque anni. Questo periodo inizia e termina il 7 febbraio successivo alla data delle elezioni”.

Ma, allo stesso tempo, l’articolo 134-2 stabilisce che:

“nel caso in cui il voto non possa aver luogo prima del 7 febbraio, il presidente eletto si insedia immediatamente dopo la conferma del voto e il suo mandato dovrebbe iniziare il 7 febbraio dell’anno delle elezioni”.

La disputa riguarda fondamentalmente il mandato quinquennale di Moise: è iniziato nel 2016, dopo le elezioni iniziali vinte, o nel 2017? 

E’ crisi politica

A metà gennaio 2020, Moise avrebbe emanato un decreto che gli permette di governare fino al prossimo anno. C’è da considerare che, siccome non è stato trovato un accordo per una nuova Legge elettorale,  i mandati di deputati e senatori sono scaduti senza che fossero nominati i loro rispettivi successori. 

Moise, per intenderci, starebbe governando in assenza di un Parlamento. Le elezioni legislative previste per il 2018, infatti, sono state nuovamente rinviate e, con fermezza, l’opposizione accusa il Presidente di repressione politica e di voler instaurare una nuova dittatura. 

Secondo quanto riportato da IlPost, dopo il decreto di gennaio, la Federazione Haitiana degli avvocati ha firmato un documento in cui si sostiene che i 5 anni debbano contarsi dalla data delle elezioni. E che quindi, Moïse, non abbia alcuna «legittimazione per organizzare le prossime elezioni», che si terranno a settembre.

Il perché delle proteste ad Haiti

A inizio febbraio, l’opposizione aveva deciso di nominare il giudice Joseph Mécène Jean Louis come Presidente provvisorio della transizione fino alle nuove elezioni. Di tutta risposta, le forze dell’ordine hanno arrestato 23 persone e denunciato il tentato colpo di stato. Golpe ad Haiti?

Per cercare di riportare l’ordine, i militari haitiani fanno ampio uso di lacrimogeni e proiettili di gomma: in migliaia hanno marciato a Port au Prince il 14 febbraio. Le proteste non si fermano, e si fanno sempre più violente e sanguinose. L’opposizione ha chiesto a tutta la popolazione una mobilitazione continua, manifestazioni che hanno portato alla dichiarazione dello stato di emergenza del 18 marzo.

La società ha chiesto più volte l’intervento della comunità internazionale, nonché di sospendere il suo sostegno al Presidente. In particolare, sembra infatti che l’amministrazione Biden appoggi la versione proposta da Moise, già ben visto da Trump.

La “nuova febbre di Haiti”

Proteste Haiti: la disputa sul mandato di Moise
Immagine ricavata da vaticannews.it

Viene definita la “nuova febbre di Haiti”: si tratta dei sequestri, sempre più frequenti nel Paese. La lotta delle gang si fanno infatti sempre più feroci, le scuole sarebbero rimaste chiuse non solo per l’emergenza sanitaria, ma soprattutto perché i giovani vengono rapiti in cambio di riscatti. Uno status preoccupante per Haiti, tra povertà e criminalità.

Secondo quanto riportato da AlJazeera i gruppi filo-governativi e filo-opposizione hanno instillato paura nei quartieri in cui esercitano il controllo. “Nei quartieri popolari, le elezioni non sono mai veramente libere”,  ha scritto il gruppo della società civile Fondation Je Klere in un rapporto del giugno 2020. “In questo contesto, dove quasi un terzo del territorio nazionale è controllato da bande, il loro peso politico sulle prossime elezioni è chiaro”.

A febbraio gli USA avrebbero dunque esortato il governo haitiano a risolvere celermente le impunità per i leader delle gang. Tra questi l’ex ufficiale di polizia Cherizier, a capo della gang G9, nonché tra i protagonisti delle manifestazioni del 2018.

Queste ultime, tra le più violente ricordate ad Haiti, avevano preso il via dopo la decisione di aumentare il prezzo del carburante. L’aumento, concordato con il Fondo Monetario Internazionale, avrebbe dovuto aumentare i ricavi dello Stato, il cui bilancio si trovava in evidenti difficoltà. La notizia fece molto clamore, e diede il via a manifestazioni e violenti proteste, nonché a saccheggi di negozi e auto incendiate.

Gli Stati Uniti lo hanno anche sanzionato a dicembre, dicendo nel maggio 2020 che:

“Cherizier ha guidato bande armate in un attacco di cinque giorni in più quartieri di Port-au-Prince in cui sono stati uccisi civili e case sono state date alle fiamme” .

Il grave scandalo di corruzione

Nel 2019 sono così emersi nuovi documenti sulla corruzione socio-politica del Paese. Nello specifico, nel rapporto giudiziario pubblicato si evince che funzionari ed ex ministri avrebbero sottratto illecitamente il denaro destinato a programmi sociali e di sviluppo di Haiti. Ci riferiamo a circa due miliardi di dollari, ottenuti dopo un accordo con il Venezuela risalente al 2008. Quest’ultimo prevedeva l’impegno, da parte del Paese, di fornire a prezzi ridotti il petrolio.

“Non lascio il Paese in mano a bande armate e narcotrafficanti” aveva dichiarato alle tv locali Moise, dopo che le violente proteste avevano interessato tutta Port au Prince.

L’aver gestito in modo illecito il denaro non ha fatto altro che alimentare proteste e malcontento di natura economico-politica. Manifestazioni che si sono sempre accompagnate a scontri diretti con la polizia, violenze. Sui cartelli si legge “Y’en a marre” (“Basta così”).

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Lotta per i diritti umani

Ad oggi il 35% degli haitiani soffre una fame acuta, secondo le Nazioni Unite. Nella prima ondata della pandemia circa 120.000 haitiani hanno perso il lavoro nella vicina Repubblica Dominicana, aumentando la miseria. Repubblica Dominicana che, a fine febbraio, ha annunciato l’intenzione di costruire una barriera lungo i confini con Haiti. L’obiettivo è quello di fermare l’immigrazione illegale nel Paese, ma soprattutto i traffici di droga.

Una storia fatta di disordini socio-politici, di violenza, proteste e corruzione, l’inflazione ed aumento delle tasse. Intanto, sulla sfondo, una società dimenticata che chiede giustizia, devastata instabilità economica ed emergenza sanitaria. E’ così che Haiti si configura come uno dei Paesi più poveri al mondo. Una situazione umanitaria complessa, già messa in ginocchio dall’uragano Mattehew nel 2016 e da Jeanne, terremoto a causa di cui, nel 2010, morirono più di 200mila persone.

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