Posizioni più vicine sull’accordo commerciale. Ma The Donald tuona: “Noi siamo con i manifestanti. Gli Usa vogliono vedere la democrazia a Hong Kong”

Nel giorno in cui Stati Uniti e Cina sembrano più vicini che mai a una pace commerciale, Washington apre il fronte Hong Kong con il pubblico sostegno di Donald Trump ai manifestanti.
Una telefonata tra il segretario del Tesoro americano Steve Mnuchin e il vicepremier cinese Liu He sembra aver sbloccato la situazione sulla cosiddetta ‘fase uno’ dell’accordo commerciale tra Stati Uniti e Cina. Nel corso della conversazione è emersa la volontà di entrambe le parti di risolvere le questioni ancora aperte e di chiudere al più presto l’intesa. Poi l’annuncio di Donald Trump del colloquio con Xi Jinping, ulteriore segnale di riavvicinamento fra le parti.
Un clima di riavvicinamento su cui pesano però le posizioni espresse dagli Usa sulla rivolta di Hong Kong. Pechino è fortemente irritata dal via libera del Congresso Usa alla legge che spiana la strada a sanzioni contro funzionari cinesi e di Hong Kong che si ritiene violino le libertà garantite dalla Legge Fondamentale (la Basic Law) con cui Pechino regola il proprio rapporto con l’ex colonia britannica: il ministero degli Esteri cinese ha convocato l’ambasciatore Usa a Pechino, Terry Branstad, per protestare contro l’approvazione della legge, che è stata condannata anche dal rappresentante diplomatico negli Usa, Yang Jiechi. Arrivano infatti anche le dichiarazioni di Donald Trump, inequivocabili: “Noi siamo con i manifestanti di Hong Kong. Gli Usa vogliono vedere la democrazia ad Hong Kong”.