Fabrizio Barca: «Non ci può essere ecologia senza giustizia sociale»

DI GLORIA RIVA – L’Espresso

Il promotore del Forum Disuguaglianze e Diversità ha scritto insieme a Legambiente le proposte per il Green New Deal. E spiega: «Serve un modello politico e culturale che accompagni una rivoluzione non solo economica»

Fabrizio Barca

Fabrizio Barca, promotore del Forum Disuguaglianze e Diversità, ha scritto insieme ad Edoardo Zanchini di Legambiente le proposte per il Green New Deal. Quel documento andrà consegnato al governo, in vista della Finanziaria.

Cosa pensate di ottenere?
«Ci è chiaro che non c’è giustizia ambientale senza giustizia sociale. E viceversa. Legambiente fa parte del Forum DD e fra i due c’è stata una positiva contaminazione che ha portato alla creazione di questo documento che ambisce non solo a proporre delle misure economiche, ma a invitare tutti a fare una svolta di pensiero radicale. Non basta la carbon tax, serve un ministro che si occupi della transizione ambientale, che innanzitutto significa una svolta culturale del paese. I Fridays for Future di Greta e del giovane movimento italiano impongono un cambio profondo che, per radicarsi e imporsi rispetto al pensiero dominante, ha bisogno di pressione e manifestazione: servono i loro scioperi e spero di rivederli presto nelle piazze italiane. Del resto quei giovani hanno parlato ai governi, ma anche ai corpi intermedi della società: ai sindacati, alle associazioni come la nostra. E il documento per l’ambiente vuole rispondere anche a loro, perché non chiediamo di alzare le tasse a chi inquina di più, ma di sostenere un cambiamento del paese».

Quali i punti di forza del vostro dossier?
«Il documento è il segno dell’esigenza di alleanze orizzontali tra organizzazioni di cittadinanza. Perché le belle intenzioni ambientali e sociali da sole non bastano, serve un modello politico e culturale che accompagni una rivoluzione non solo economica, ma anche sociale».

Ad esempio?
«Legambiente parte da vecchie battaglie, come quella sulle royalties e le concessioni su cave e spiagge. E poi aggiunge un’attenzione nuova alla modalità di attuazione, che deve essere graduale e condivisa con le persone, nonché di utilizzo delle maggiori risorse in ingresso per Regioni e Stato. La cosa pubblica deve sfruttare quell’extra gettito per ridurre gli oneri in relazione alla qualità dell’aria, a favore dell’impegno civile per l’ambiente, ma anche per contribuire a una società più attenta alle persone, più equa. Detto altrimenti, non basta che una spiaggia sia pulita, serve anche che i lavoratori siano assunti regolarmente e che i contratti siano legali e rispettati. Le maggiorazioni fiscali sui combustibili devono servire proprio per ridurre le tasse sul lavoro, per tagliare i contributi ad aziende e famiglie che investono sul cambiamento verde, ma anche per ridurre le disuguaglianze».

Quali le aree di intervento immediate?
«Serve una strategia immediata per le periferie, va colpita la povertà di servizi che si manifesta nella bassa qualità delle scuole, delle cure sanitarie, ma anche nelle condizioni ambientali di queste zone. Migliorare le condizioni di vita disastrose di chi vive nelle periferie, ad esempio curando il verde pubblico, è il primo passo per dare il via a un circolo virtuoso di miglioramento complessivo. L’altro asset prioritario deve essere un sistema edilizio che tenga presente l’emergenza infrastrutturale: siamo un paese colpito in media da un terremoto devastante ogni sette anni, serve una strategia permanente per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori coinvolti».

Tutto giusto. Ma mancano le risorse.
«Le proposte sono incardinate in una nuova cornice disegnata dall’Alleanza per lo Sviluppo sostenibile e dalla Commissione europea di impegno economico a favore dell’ambiente. È il governo italiano che deve modificare il proprio modello per stare dentro quei cambiamenti green disegnati dal nuovo sistema europeo».