Preti sposati, da papa Francesco nessuna apertura nell’esortazione ‘Querida Amazonia’

di PAOLO RODARILa Repubblica

Bergoglio non cita il tema del celibato ecclesiastico: “L’Amazzonia  è anche la nostra terra, va protetta, non colonizzata”

Il Papa durante un’udienza privata con gli indigeni dell’Amazzonia (ansa)

CITTÀ DEL VATICANO. Francesco, senza mai citare il tema del celibato ecclesiastico, non apre alla possibilità di ordinare sacerdoti i diaconi sposati. Nell’esortazione Querida Amazonia che chiude il Sinodo dei vescovi sull’Amazzonia, infatti, il Papa sceglie di non aprire spiragli a un cambiamento di regole sul celibato dei preti non rispondendo alla richiesta di ordinare sacerdoti i diaconi sposati contenuta del documento finale del Sinodo stesso. Il tutto nonostante nella Chiesa cattolica vi siano eccezioni in questo senso, dai preti sposati nelle Chiese di rito orientale fino ai sacerdoti anglicani sposati e riammessi alla comunione con Roma. Anche se il Papa invita a leggere integralmente il documento finale, base per scrivere l’esortazione pubblicata oggi, auspicando che tutta la Chiesa si lasci “arricchire e interpellare” da esso, questo non ha valore magisteriale. E, dunque, le vie possibili per superare la regola restano esclusivamente quelle già previste dal codice di diritto canonico e cioè che un vescovo chieda al Papa la dispensa da una delle materie obbligatorie per accedere al sacerdozio, fra queste anche il celibato. Ma sono eccezioni già previste, terze vie in questa esortazione non vengono contemplate.

Secondo alcuni osservatori sono state tante le pressioni del mondo conservatore sul Papa. Il ricatto di un possibile scisma in caso di aperture l’avrebbe in questo senso convinto a fare un passo indietro. Ma in verità Francesco non si è mai dichiarato favorevole a superare la norma (non è un dogma) del celibato ecclesiastico. Gran parte dei membri del Sinodo ha chiesto di studiare nuove possibilità nel documento finale, ma queste possibilità nell’esortazione non vengono trattate: il documento, che non ha valore magisteriale, resta una proposta non accolta.

“L’amata Amazzonia si mostra di fronte al mondo con tutto il suo splendore, il suo dramma, il suo mistero”. Inizia così l’esortazione nella quale il Papa condivide i suoi “Sogni per l’Amazzonia” (5-7), la cui sorte deve preoccupare tutti perché questa terra è anche “nostra”. Francesco formula cosi “quattro grandi sogni”: che l’Amazzonia “lotti per i diritti dei più poveri”, “che difenda la ricchezza culturale”, che “custodisca gelosamente l’irresistibile bellezza naturale”, che infine le comunità cristiane siano “capaci di impegnarsi e di incarnarsi in Amazzonia”.

Il sogno sociale: la Chiesa sia al fianco degli oppressi

Il capitolo primo di Querida Amazonia è incentrato sul “Sogno sociale” (8). Sottolinea che “un vero approccio ecologico” è anche “approccio sociale” e, pur apprezzando il “buon vivere” degli indigeni, mette in guardia dal “conservazionismo” che si preoccupa solo dell’ambiente. Con toni vibranti, parla di “ingiustizia e crimine” (9-14). Rammenta che già Benedetto XVI aveva denunciato “la devastazione ambientale dell’Amazzonia”. I popoli originari, avverte, subiscono un “asservimento” sia da parte dei poteri locali che da quelli esterni. Per il Papa le operazioni economiche che alimentano devastazione, uccisioni, corruzione, meritano il nome di “ingiustizia e crimine”. E con Giovanni Paolo II ribadisce che la globalizzazione non deve diventare un nuovo colonialismo.

I poveri siano ascoltati sul futuro dell’Amazzonia

Di fronte a tanta ingiustizia, il Pontefice chiede di “indignarsi e chiedere perdono”. (15-19) Per Francesco servono “reti di solidarietà e di sviluppo” e chiama all’impegno tutti, compresi i leader politici. Di qui, il Papa si sofferma sul tema del “senso comunitario” (20-22). Rammenta che per i popoli amazzonici le relazioni umane “sono impregnate dalla natura circostante”. Per questo, scrive, vivono come un vero “sradicamento” quando sono “obbligati a emigrare in città”. L’ultima parte del primo capitolo è dedicato alle “Istituzioni degradate” (23-25) e al “Dialogo sociale” (26-27). Il Papa denuncia il male della corruzione che avvelena lo Stato e le sue istituzioni. E si augura che l’Amazzonia diventi “un luogo di dialogo sociale” prima di tutto “con gli ultimi. Quella dei poveri, ammonisce, sia “la voce più potente” sull’Amazzonia.

 
Il sogno culturale: avere cura del poliedro amazzonico

Il secondo capitolo è dedicato al “sogno culturale”. Francesco mette subito in chiaro che “promuovere l’Amazzonia” non significa “colonizzarla culturalmente” (28). Ricorre così ad un immagine che gli è cara: “il poliedro amazzonico” (29-32). Bisogna combattere la “colonizzazione postmoderna”. Per Francesco è urgente “custodire le radici” (33-35). Citando Laudato si’ e Christus vivit, sottolinea che la “visione consumistica dell’essere umano” tende a “rendere omogenee le culture” e questo impatta soprattutto sui giovani. A loro, il Papa chiede di “farsi carico delle radici”, di “recuperare la memoria ferita”.

No a un indigenismo chiuso, serve incontro interculturale

L’Esortazione si sofferma quindi sull'”incontro interculturale” (36-38). Anche le “culture apparentemente più evolute”, osserva, possono apprendere da popoli che hanno “sviluppato un tesoro culturale stando legate alla natura”. La diversità, quindi, non sia “una frontiera” ma “un ponte” e dice no ad “un indigenismo completamente chiuso”. L’ultima parte del II capitolo è dedicata al tema “culture minacciate, popoli a rischio” (39-40). In qualsiasi progetto per l’Amazzonia, è la sua raccomandazione, “è necessario assumere la prospettiva dei diritti dei popoli”. Questi, soggiunge, “difficilmente potranno conservarsi indenni” se l’ambiente, in cui sono nati e si sono sviluppati, “si deteriora”.


Il sogno ecologico: unire cura dell’ambiente e cura delle persone

Il terzo capitolo, “Un sogno ecologico”, è quello più immediatamente collegato alla Enciclica  Laudato si’. Nell’introduzione (41-42), viene sottolineato che in Amazzonia esiste una relazione stretta dell’essere umano con la natura. Il curarsi dei nostri fratelli come il Signore si cura di noi, ribadisce, “è la prima ecologia di cui abbiamo bisogno”. Cura dell’ambiente e cura dei poveri sono “inseparabili”. Francesco rivolge poi l’attenzione al “sogno fatto di acqua” (43-46). Cita Pablo Neruda e altri poeti locali sulla forza e bellezza del Rio delle Amazzoni. Con le loro poesie, scrive, “ci aiutano a liberarci dal paradigma tecnocratico e consumista che soffoca la natura”.