Odissea Covid-19, 118 aziende in corsa per il vaccino

di Gianfranco Maselli – OTHERNEWS

Il mondo intero corre verso la cura. Sono 118 i vaccini contro il covid-19 attualmente in fase di sperimentazione e 9 le metodologie perseguite.

Certo, è difficile non scomporsi mentre tutti intorno fanno rumore. Farsi trascinare dalla festa, dal giubilo e dalle considerazioni finali ben prima di intravedere all’orizzonte una conclusione per cui festeggiare, può essere tanto dolce quanto deleterio: abbassare le mura delle nostre difese mentali, di questi tempi, è l’ultima delle scelte che dovremmo considerare, in termini di responsabilità.

Ecco perché, mentre apprendiamo che sono ben 118 nel mondo i vaccini contro il covid-19 in fase di sperimentazione, dovremmo ricordarci di rimanere seduti. Questa volta non toccherà a noi essere l’anima della festa.

Ci metteremo in disparte in un angolino appartato per ragionarci su, consapevoli di destare l’imbarazzo generale e, in un certo senso, anche di operare la scelta critica più assennata, soprattutto al cospetto della prima sperimentazione di vaccini sull’uomo, condotta dall’azienda americana Moderna che ha destato controversie e dibattiti accesi nelle ultime settimane.

Da mesi Moderna sta lavorando allo sviluppo di una cura in collaborazione con l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive (Niaid) degli Stati Uniti, guidato dall’immunologo Anthony Fauci. La ricerca è stata condotta coinvolgendo, complessivamente, circa 118 aziende.

Moderna è stata fra le prime ad avviare test di sperimentazione sull’uomo, preceduta nello stato di avanzamento della sperimentazione soltanto dalla cinese CanSino Biological, che con l’istituto di Biotecnologia di Pechino ha già cominciato i test di fase 2.

Sono invece nella sperimentazione di fase 1 i vaccini dell’Istituto dei Prodotti Biologici di Whuan e Sinopharm, di Sinovac, i vaccini di BioNTech, Fosun, Pharma, Pfizer e quello della Inovio Pharmaceuticals.

Fra le mura dei laboratori di tutto il mondo sono stati ben 102 i tentativi di test umani, fra cui spiccano quelli frutto dell’accordo Anglo-Italiano fra la Oxford University, lo Jenner Institute e l’IRBM di Pomezia, l’azienda tutta italiana che si vocifera potrebbe produrre 400 milioni di dosi entro settembre.

Si tratta di un numero che, sebbene mastodontico risulta privo di significato reale. In mancanza di piani produttivi concreti e soprattutto in presenza di tanti altri protagonisti che animano la corsa alla cura con altrettanti numeri e previsioni, il dato numerico diffuso da IRBM continua a fluttuare in un immaginario di ipotesi e stime.

Trattandosi di una maratona faticosa e, soprattutto, affollata, occorre essere chiari puntualizzando che gli altri 110 candidati vaccini si basano su circa nove strategie diverse.

La più comune, seguita in almeno 40 candidati vaccini, si basa sulla struttura genetica di frammenti della proteina Spike, una particella aggressiva fondamentale nel nuovo coronavirus, di cui parleremo fra qualche paragrafo. Utilizzarla infatti non è l’unico modo di marciare nella corsa alla cura.

In circa 13 sperimentazioni infatti si veicolano sequenze genetiche del virus utilizzando virus resi inoffensivi, come fa l’italiana Reithera. Il principio che sta alla base del vaccino messo a punto da Reithera è simile a quello di Oxford. “Si utilizza il cosiddetto adenovirus, spiega Stefano Colloca, responsabile dello sviluppo tecnologico della biotech romana.

Si tratta di un virus altamente contagioso che funge da Cavallo di Troia per portare nell’organismo ricevente un trappola: delle piccole parti della già citata proteina Spike, usata anche dalla Statunitense Moderna. La particella, da cui dipende il tasso di contagiosità del virus, induce nell’organismo una produzione decisa di anticorpi rendendolo finalmente immune.

Affinché si possa proseguire, il primo passo deve essere l’assenza di effetti collaterali e, ovviamente, l’efficacia reale del vaccino. Con la conferma in tasca gli stabilimenti di Castel Romano sarebbero in grado di produrne fino a 10 milioni di dosi al mese ma si tratta, come già ho puntualizzato precedentemente, di ipotesi ancora astratte che non tengono conto delle eventuali difficoltà, come quella di Reithera di reperire le fialette mono dose. Paradossalmente il farmaco potrebbe esser pronto fra qualche mese ma potrebbe risultare complicato diffonderlo.

Si basa invece sul materiale genetico del virus SarsCoV2 l’altro candidato vaccino italiano, quello della Takis seguito da una decina di gruppi di ricerca. Senza alcun Cavallo di Troia la cura sarebbe basata più precisamente su acidi nucleici di Dna plasmidico, che formerebbero un siero da iniettare direttamente nel muscolo.

L’approccio seguito da Moderna invece si basa su una tecnologia avanzata che utilizza la sequenza del materiale genetico del coronavirus, ossia l’acido ribonucleico, l’RNA. Si tratta dunque di un vaccino sintetico che, a differenza di altre sperimentazioni, non utilizza il virus ma l’informazione contenuta nelle mappe genetiche finora pubblicate sulle banche dati GenBank e Gisaid, entrambe liberamente accessibili alla comunità scientifica.

Dai test della fase 1, condotti su otto volontari di età compresa fra 18 e 55 anni, risulta che le persone vaccinate hanno sviluppato livelli di anticorpi uguali o superiori a quelli riscontrati nei pazienti guariti dalla Covid-19, configurando dei risultati più che soddisfacenti che aprendo squarci nel presente attraverso i quali si possono intravedere orizzonti di ricerca maggiori, non più troppo utopici.

Il vaccino, chiamato mRNA-1273 dimostra al momento di essere sicuro e tollerato dal corpo umano, sebbene occorra del tempo per sincerarsi che il nostro organismo non corra alcun rischio.

L’annuncio, inaspettato e denso di audace positività, ha avuto inevitabili conseguenze economiche, conquistando il premio dei mercati finanziari e a Wall Street, terreno in cui l’azienda biotecnologica americana ha guadagnato il 23,78%.

A volte sembra quasi che in quella che dovrebbe una corsa per la cura priva di antagonismi, prevaricazione e secondi fini, qualcuno abbia già idee tanto chiare quanto torbide nei contenuti.

Via libera, in ogni caso, al prossimo passo della sperimentazione, la fase 2, una strada che sarà necessario percorrere con cautela e passi minuziosi. L’azienda partirebbe subito in modo da coinvolgere un numero sempre più elevato di individui così da affermare definitivamente l’efficacia e la sicurezza del vaccino.

Intanto noi rimaniamo a guardare, sperando il migliore degli esiti.

Lo sparo della partenza è ancora troppo recente e in quella moltitudine di atleti che avanza è arduo capire se qualcuno possa avere la vittoria in tasca, soprattutto se ognuno sembra correre a modo proprio, secondo metodi d’approccio alla sfida ancora impossibili da giudicare.

Non lasciamoci trascinare dalle voci che ci chiamano con fare suadente, rimaniamo nel nostro angolino appartato senza né gridare alla cura né temere per la nostra salute. Se necessario facciamoci legare all’albero maestro del buonsenso come ebbe la coscienza di fare l’uomo dal multiforme ingegno, ideatore di quel cavallo portatore di vittoria per gli Achei e sciagura per i Troiani.

Non è ancora il momento di brindare, soprattutto considerando che l’asse Pomezia-Oxford e tutte le altre sperimentazioni sono solo gocce in un mare magnum di tentativi che ormai abbracciano il globo intero. I dati positivi dovrebbero rassicurarci ma, al contempo, ricordarci come a correre verso la cura in questo momento sia il mondo intero.