I sogni, le speranze, le difficoltà di Michail Gorbaciov svelati da Andrey Grachev nell’intervista in occasione del 90° compleanno dell’ultimo presidente dell’Unione Sovietica.
di Cecilia Capanna
Michail Gorbachev è senza dubbio la figura storica positiva più di rilievo del nostro tempo. Dal 1985 al 1991, in soli sei anni, ha cambiato la storia del mondo contribuendo alla caduta del Muro di Berlino nel 1989 e alla fine della Guerra Fredda. Sullo scorcio finale del ‘900 ha in qualche modo riabilitato un XX secolo cominciato malissimo con gli orrori delle due Guerre Mondiali e successivamente gravato per 40 anni dalla cappa di angoscia e tensione tra i due poli in cui il mondo si era spaccato. Un secolo però terminato con una grande iniezione di speranza, anche se poi disillusa dalla aberrante gestione della globalizzazione che ci ha portato ai disastri di oggi. Ma questa è un’altra storia.
Visionario, precursore dei tempi e ottimista, attraverso le sue riforme, la Perestroika e la Glasnost, Gorbaciov ha trasformato le istituzioni dell’URSS, accompagnando pazientemente al cambiamento l‘intera società sovietica. Un abilissimo equilibrista pressato dalle due forze estreme, quella dei conservatori e quella dei riformisti, è riuscito a tenere uniti sotto il tetto della grande e multisfacettata Unione Sovietica popoli diversi e insofferenti. Per questo possiamo dire che c’è un prima Gorbaciov e un dopo Gorbaciov e l’eco dell’impulso che diede allora nei confronti dell’apertura e dei diritti perdura ancora oggi, nonostante i tentativi dell’attuale presidente Vladimir Putin di tornare indietro.
Grachev conosce Gorbaciov
Andrey Grachev è al fianco di Gorbaciov sin da quegli anni, ecco cosa ci ha raccontato.
C. C. – Come ha incontrato Michail Gorbaciov?
A.G. – “Gorbaciov era certamente un uomo proveniente da un’altra generazione. Apparteneva mentalmente e anche moralmente ad un mondo diverso. A volte lo chiamo “un errore genetico del sistema”. Questa è stata la mia prima impressione. Quando l’ho visto per la prima volta sullo schermo televisivo ho pensato: “Sembra Krushov ma con un’istruzione universitaria”, che era già una caratteristica importante per un leader di partito.
Prima di lui le persone ai vertici della struttura del partito erano fondamentalmente persone dell’apparato, persone che per lo più avevano l’esperienza della vita interna del partito ma certamente non l’ampia visione del proprio paese e del mondo. E il mio incontro personale con Gorbachev avvenne diversi mesi dopo, nell’ottobre dell’85, quando entrai a far parte di una squadra di consiglieri per gli affari internazionali che lo accompagnavano nella sua prima visita ufficiale all’estero, in Francia”.
Gorbaciov incontra il PCI italiano
C. C. – Mi ricordo che nell’84, l’anno prima di essere eletto, Gorbaciov venne in Italia per partecipare al funerale del Segretario del Partito Comunista Italiano Enrico Berlinguer
A. G. – “Quello è stato un evento importante nella sua biografia politica e ne ha parlato in diverse occasioni. Era il capo del Partito Sovietico e si unì a una delegazione del Partito Comunista a Roma. Fu per lui un’occasione per incontrare la dirigenza del PCI, il Partito Comunista Italiano che a quel tempo era uno dei partiti più importanti e influenti.
Gorbaciov raccontò in seguito di aver avuto per diverse ore discussioni molto interessanti con Alessandro Natta, che era il successore di Berlinguer come capo del partito. Rimase molto colpito da queste conversazioni e quella cosa in un certo senso ha influenzato anche lui e il suo progetto. Capì che il tentativo comunista italiano di creare una sorta di versione europea del comunismo, l’euro-comunismo, poteva essere interessante e attraente anche per l’Unione Sovietica (…)
Una nuova versione del progetto comunista
(…) Già a quel tempo Gorbaciov e le persone intorno a lui della sua stessa generazione stavano pensando a un’altra versione del progetto comunista, che doveva essere diversa dalla versione bolscevica che avevano ereditato dal 1970 e che chiamo -questa è la mia etichetta- una specie di “comunismo di guerra”. Ciò significa che volevano cambiare il modello che aveva le sue radici nella particolare condizione della rivoluzione bolscevica con la guerra mondiale del 1917 e la guerra civile che seguì nel paese.
Quel tipo di “comunismo di guerra” – che significa un comunismo che era caratterizzato dal sistema a partito unico, con il monopolio di un partito – fece un uso molto ampio della violenza e quindi la soppressione di tutte le diverse forme di opposizione. Tutte queste cose divennero caratteristiche della versione bolscevica del comunismo che ha fatto la storia di quasi 50 anni di esperienza sovietica.
L’idea di Gorbaciov era quella di provare a cambiare senza rinunciare al progetto comunista e al progetto socialista come prospettive per la società. Voleva provare a elaborare una versione più moderna del comunismo. Sarebbe stata una sorta di versione della società euro-comunista dell’Europa orientale non più basata sulla violenza, sulla corruzione, sul gulag, tutte cose che hanno segnato molto l’esperienza sovietica. E da questo punto di vista credo che il suo contatto con il comunismo italiano lo abbia colpito molto”.
Trasparenza e trasformazione
C. C – Con Glasnost e Perestroika Gorbaciov ha aperto sé e il suo governo alle critiche, ha permesso di essere criticato, cosa impensabile prima di allora.
A. G. – “Dobbiamo prima dire che era un leader sovietico molto atipico. Difficilmente si può immaginare un leader sovietico che accetterebbe volontariamente di essere criticato da diversi punti di vista: dai conservatori, radicali, nazionalisti, dallo zoccolo duro dei sostenitori del sistema sovietico formale fino ai radicali come Eltsin o altri che erano molto impazienti e lo accusavano di essere troppo lento, troppo tollerante nei confronti delle forze conservatrici.
Accettava questo tipo di critiche perché era consapevole che questo faceva parte del gioco. È stato un cambiamento impressionante, ad esempio, che le sessioni del nuovo parlamento, eletto a seguito delle riforme di Gorbaciov, con rappresentanti di diverse forze politiche, siano state trasmesse in TV, e l’intera popolazione dell’Unione Sovietica abbia potuto vedere lo spettacolo presidenziale con diverse forze politiche (…)
L’uomo al centro
(…) Gorbachev credeva che il suo ruolo nel turmoil che aveva volontariamente provocato fosse quello di rappresentare la forza media, la forza centrista che avrebbe impedito a diverse forze estreme di andare verso uno scontro diretto. La sua idea era di evitare ciò che dal suo punto di vista sarebbe stato del tutto possibile: una nuova guerra civile.
Da un lato accettare questo tipo di contraddizione faceva parte del gioco, dall’altro di sicuro si aspettava che i suoi sostenitori, soprattutto dal lato democratico, fossero più comprensivi riguardo le sue difficoltà con i suoi nemici politici, i conservatori. Ma dopotutto, la sua idea principale era quella di calcolare il fattore tempo nella progressione del cambiamento. Aveva capito che non si poteva fare un cambiamento improvviso che avrebbe provocato un confronto immediato, ma bisognava vedere il cambiamento come un processo e accompagnare la società in questo processo, con l’idea che gradualmente il paese si sarebbe trasformato.
Quella era una sfida difficile, forse una sfida super umana e il fatto che sia stato in grado di gestirla credo che sia un’altra prova delle straordinarie qualità personali e morali dell’uomo. Ma è anche la spiegazione di come e perché sia riuscito a realizzare questo tipo di cambiamento in un Paese così difficile con una storia molto dura e senza alcuna esperienza del compromesso politico in passato”.
La Russia di oggi
C. C. – Gorbachev è stato un visionario avanti per i suoi tempi e ha quindi calibrato il processo in modo tale che la società raggiungesse gradualmente il cambiamento. Ora con Putin è esattamente l’opposto. Lui non è per niente aperto alle critiche, lo stiamo vedendo con il caso Navalny, sta mettendo un freno al processo mentre la società ormai è cambiata e non ci sta.
A. G. – “La situazione attuale in Russia è in contrasto con gli anni di Gorbaciov, con l’atmosfera di quegli anni sia all’interno dell’Unione Sovietica che nel mondo. Ciò non è una sua responsabilità, ovviamente.
In ogni caso il mondo intero è diverso. Non siamo più nel mondo che esisteva trent’anni fa, fortunatamente. E anche quando nuove tensioni sembrano tornare e talvolta vengono qualificate come il pericolo di un nuovo conflitto e di una nuova guerra fredda tra la Russia e l’Occidente, beh non dimentichiamo che alcune cose fondamentali sono state raggiunte: non c’è più pericolo di un conflitto nucleare, non c’è più un confronto così grande tra due blocchi, non c’è più una divisione ideologica del mondo in campi diversi.
Anche la Russia di Putin ha una società diversa da quella che era l’Unione Sovietica prima di Gorbaciov. Ecco perché la prima cosa che si può dire è che in ogni caso, qualunque cosa accada ora e in futuro, la storia della fine del XX secolo può essere suddivisa in un prima di Gorbaciov e un dopo di Gorbaciov (…)
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Cosa resterà di quegli anni ‘80
(…) Ma poi viene sicuramente il bilancio: cosa è riuscito ad ottenere e cosa no. Quali sono stati i punti di non ritorno e quali sono state le sfortunate caratteristiche della situazione vecchia che sembrano essere tornate. Ebbene, non è riuscito a realizzare una sorta di versione euro-comunista della società sovietica, che era la sua speranza. Una sorta di socialismo dal volto umano, quello in cui aveva creduto la Primavera di Praga.
Non ha ottenuto anche un’altra sua speranza: che la Russia diventasse parte della casa comune europea. Questo era il suo progetto, questa era la sua invenzione e la sua proposta all’Occidente. E qui potremmo dire che la responsabilità sia stata anche da parte occidentale, perché la Russia allora non fu ammessa in questa casa comune europea. Per Gorbaciov l’ingresso della Russia in questo progetto avrebbe significato non solo estendere i confini dell’Europa al territorio russo, ma anche utilizzare l’Europa come mezzo di trasformazione della Russia.
Non è successo. In parte la responsabilità è dell’Occidente, soprattutto sotto la pressione degli americani e degli europei dell’est, che hanno piuttosto deciso di estendere la NATO in direzione orientale. Ciò significa che hanno messo un nuovo confine, un “nuovo muro di Berlino” questa volta sul confine della Russia, e il risultato logico è stato il fatto che la Russia è stata spinta dall’Europa all’Asia e in direzione della Cina, ma anche nella direzione della propria identità asiatica che era molto diversa da quanto sperava Gorbaciov: un modello europeo di organizzazione della società (…)
Putin, una naturale conseguenza
(…) In questo senso Putin è in qualche modo il prodotto di questo tipo di sfortunata evoluzione della Russia, oramai una parte rifiutata del continente europeo. E questa situazione è stata utilizzata dalle forze conservatrici, da coloro che volevano vendicarsi non solo sulla scena internazionale per l’umiliazione della Russia ma anche all’interno della scena politica russa sulle forze democratiche, sulle forze con una mentalità europea, sulle forze moderne. I nuovi conservatori sono ora felici di ricostruire la Russia come una fortezza con un cancello, un proprio status e un proprio prestigio, come l’ex Unione Sovietica temuta in occidente.
Quindi, invece di far parte dello stesso spazio politico e culturale siamo purtroppo tornati alle regole del gioco delle scene internazionali basato sul bilanciamento tra le potenze, sull’equilibrio delle forze, sulla competizione nelle armi e nei bilanci militari. E da questo punto di vista l’Occidente ha delle responsabilità: gente come Trump, ma anche Bush, con tutte le avventure a cui abbiamo potuto assistere in Iraq, in Afghanistan, in Jugoslavia. Questa è stata la sfortunata scuola di comportamento sulla scena internazionale che l’Occidente ha fatto ai nuovi leader russi.
Quindi in un certo senso Putin, anche tralasciando la sua personalità e il suo passato da ufficiale del Kgb, è il risultato di questo tipo di scuola, di questo tipo di esperienza. Questo è un peccato sia per il mondo ma anche per la società russa. Però stiamo vedendo che la società russa sta resistendo con il caso Navalny, specialmente i giovani sostengono Navalny e non accettano questo tipo di situazione. Sono i figli di Gorbaciov e da questo punto di vista credo si possa dire che quello che ha fatto in soli 6 anni non è andato perduto”.
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