Canale di Suez, Ever Given: i danni non sono solo economici

Canale di Suez, Ever Given: più lunga della Tour Eiffel e dell’Empire State Building, l’enorme nave portacontainer Ever Given è rimasta incagliata dal 23 al 29 marzo nel canale di Suez impedendo il passaggio a più di 370 imbarcazioni e bloccando l’ingranaggio di una rete di navigazione globale già gravata dalla pandemia. Quali sono i danni per l’ambiente?

di Rosarianna RomanoOTHERNEWS

Canale di Suez Ever Given

L’enorme portacontainer Ever Given incagliata nel Canale di Suez dal 23 al 29 marzo ha monopolizzato la nostra attenzione la scorsa settimana, mettendo a dura prova il traffico marittimo all’interno della più importante arteria petrolifera che collega la regione del Golfo Persico all’Europa e al Nord America.

La società di ricerca Alphaliner stima che siano circa 5.500 le grandi navi portacontainer attive, per una capacità complessiva di oltre 24 milioni di TEU, l’unità considerata lo standard nel trasporto marittimo e corrispondente a un container di 6,1 x 2,4 x 2,6 metri.

Il Canale di Suez

Un gran numero dei nostri acquisti online viene trasportato su una nave come la Ever Given. Inoltre, per chi vive in Italia (e non solo) una parte considerevole degli oggetti di uso quotidiano passa proprio attraverso il Canale di Suez.
Inaugurato nel 1869 e nazionalizzato nel 1956 dall’allora presidente egiziano Gamal Abdel Nasser, il canale di Suez, il più lungo al mondo senza chiuse che collega il Mar Rosso al Mar Mediterraneo, due anni fa ha festeggiato i suoi 150 anni. Lungo 193 chilometri e largo tra i 205 e i 225 metri, lo scorso hanno è stato attraversato da quasi 19.000 navi, garantendo il traffico di oltre il 10% del commercio globale, incluso il 7% del petrolio mondiale. Ogni anno passa dal canale circa il 7% del traffico mercantile globale e il 12% delle merci, con carichi di ogni tipo.

Non è difficile comprendere la portata dei danni (economici e non) arrecati quando viene meno un ingranaggio di questo processo di trasporto marittimo. L’incidente dell’Ever Given ha portato sotto gli occhi di tutti la rottura di una catena data per scontata.

Che succede se l’ingranaggio si rompe?

Nel 1967, allo scoppio della guerra in Medio Oriente del 1967, quando le forze israeliane colpirono nuovamente la zona del canale e si trincerarono nella penisola del Sinai, l’Egitto chiuse il canale al trasporto internazionale per otto anni. Secondo uno studio delle Nazioni Unite, il canale chiuso è costato al mondo 1,7 miliardi di dollari di perdite commerciali e, per l’Egitto, 250 milioni di dollari di mancati introiti da pedaggio all’anno. Inoltre, a causa della chiusura, le navi dirette in Europa furono costrette ad aggirare la punta meridionale dell’Africa, incoraggiando i caricatori a sviluppare superpetroliere sempre più grandi. Questa tendenza ha determinato il gigantismo di navi come la Ever Given.

Nel corso del tempo altre navi si sono arenate: il primo incidente segnalato si verificò nel 1937 con la britannica Viceroy of India, che bloccò il traffico marittimo per un giorno. Nel corso del XX e XXI secolo, inoltre, altre navi portacontainer hanno serrato il corso d’acqua per un massimo di tre giorni, tra cui una petroliera di proprietà greca nel 1954, una petroliera russa nel 2004 e una nave portacontainer nel 2018.

Tuttavia, la Ever Given non è una nave portacontainer qualunque, ma una delle più grandi in circolazione. Lunga 400 metri e pesante oltre 200mila tonnellate, essa può ospitare quasi ventimila container.

Canale di Suez, Ever Given: ma l’ambiente?

Sulla Ever Given viaggiano 18.000 container con merci di ogni tipo, destinate ovunque. A tal proposito, Steven Parks dell’azienda inglese Seaport Freight Services, che era in attesa di venti dei 18.300 container che si trovano a bordo dell’imbarcazione, durante i giorni del blocco ha affermato di aspettare “generi alimentari come latte di cocco e sciroppi, alcuni pezzi di ricambio per motori e poi a bordo ci sono alcuni carrelli elevatori e alcune merci di Amazon, di vario genere”.

Non a caso, Alan Murphy, fondatore della società di analisi marittime Sea-Intelligence, ha dichiarato al New York Times:

«Guardatevi intorno: il 90% di quello che è nella vostra stanza arriva dalla Cina. Almeno il 90% del traffico commerciale globale si muove sui container, quindi tutto è coinvolto. Dite un qualsiasi marchio, e sarà bloccato su una di quelle navi» .

È evidente, inoltre, che almeno l’80% delle merci presenti nella gigantesca nave portacontainer non avevano realmente bisogno di attraversare la metà del globo per arrivare a destinazione. I prodotti serrati nel ventre dell’Ever Given, infatti, potevano essere prodotti molto più vicino. Tuttavia, poiché il costo della manodopera dall’altra parte del mondo è minore, navi gigantesche solcano i mari versando oli combustibili pesanti e idrocarburi.

Questi oli combustibili pesanti (hfo) sono il residuo ottenuto alle fine del processo di distillazione del petrolio, dopo che gli idrocarburi più leggeri come benzina e gasolio sono stati rimossi.
Insomma, i danni ambientali non sono da meno di quelli economici: un giorno di viaggio dell’Ever Given inquina come 50 milioni di automobili, producendo quindi, come per il caso del settore dell’aviazione, il 3% delle emissioni totali di origine umana. 

È necessario fare qualcosa di concreto contro l’inquinamento se è vero che lo Steinhardt Museum of Natural History ha constatato che:

“Since its opening the Suez Canal has served not only its beneficent purpose for the transport of goods but, in a historic example of the dangers of unintended consequences, the Canal has also been the vehicle for the introduction of Red Sea organisms into the Mediterranean Sea”.

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Canale di Suez, Ever Given: i rischi degli animali a bordo

Esiste un’altra criticità di questi trasporti spesso sottovalutata. Delle 321 navi ferme in vari punti del Canale di Suez quando si è incagliata la portacontainer Ever Given, almeno 20 trasportavano bestiame.

Erit Weidinger, coordinatore Ue ong Animals International ha spiegato al Guardian:

“Rimanere bloccati a bordo significa il rischio di fame, disidratazione, lesioni, impossibilità a sdraiarsi a causa dell’accumulo di rifiuti. È una bomba a orologeria che comporta rischi biologici per gli animali, per i membri dell’equipaggio e per qualsiasi altra persona coinvolta” .

È possibile limitare i danni?

A causa della difficoltà di elettrificare navi e aeri, sia il commercio marittimo sia l’aviazione commerciale sono stati esclusi dal sistema di quote delle emissioni inquinanti cui hanno aderito i vari paesi. In alternativa, è all’Organizzazione marittima internazionale (Imo) e all’Associazione internazionale del trasporto aereo (Iata) che è stato dato l’incarico di ridurre le emissioni del loro settore.

Nel 2018 l’Imo ha promesso una riduzione del 50% entro il 2050 delle emissioni di anidride carbonica dovute al trasporto marittimo. Dunque, solo la metà delle emissioni zero entro il 2050 promesse da 110 paesi. Tuttavia, l’Imo non comincerà a far ridurre effettivamente le emissioni prima del 2029 o 2030.

Attualmente, fino all’arrivo di una nuova generazione di navi da carico alimentate a energia eolica, un modo per diminuire le emissioni di anidride carbonica nel trasporto marittimo è quello di abbassare la velocità delle navi: riducendo la velocità di una grande nave del 10%, le sue emissioni calano del 27%. Inoltre, un’altra misura che contrasterebbe l’inquinamento sarebbe semplicemente quella di ridurre il volume di merci che viaggiano per mare.

E adesso?

Dopo mesi dove i media hanno monopolizzato l’attenzione solo su pandemia e vaccini, il caso dell’Ever Green ha spostato gli occhi su un’altra questione, non meno importante ma spesso scolorita dalla vignetta di un meme. Adesso, questa enorme nave ha ripreso il suo corso e con essa le normali attività di trasporto. Ogni giorno, infatti, circa cinquanta imbarcazioni, responsabili di un ottavo del commercio mondiale, potranno nuovamente attraversare il canale di Suez. Come se niente fosse.

Tuttavia, il caso della Ever Given ha messo a nudo le criticità del mercato globalizzato obbligandoci a una riflessione generale sul trasporto marittimo. Magari spronandoci a pensare un secondo di più prima di acquistare online e a riflettere sul fatto che se tutto questo sistema regge è per un esercito di 1,6 milioni di marinai costretti in mare per mesi, che stanno per divenire anni a causa delle restrizioni dovute al Covid-19: dei 400mila marinai rimasti in mare dopo la scadenza del loro contratto la scorsa estate, 200mila sono ancora bloccati sulle navi.

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