The Sunday Breakfast – 35 – panoramica sui fatti globali della settimana

a cura di Cecilia Capanna

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8-14 giugno 2020 – di Guglielmo Rezza

Benché la tematica sia decisamente seria, il termine “ultranazionalismo” risulta in qualche misura comico, esagerato. Il prefisso “ultra” in italiano, di fatto, ha una certa connotazione infantile, parodistica e risulta abbastanza difficile prendere sul serio qualcosa che cominci così: ricorda molto quelle traduzioni di fumetti di supereroi americani sempre in possesso di qualche superpotere o ultra arma. Tuttavia, si sente generalmente il bisogno di distinguere, in italiano ma anche in inglese, quelle forme di nazionalismo tutto sommato accettabili da quelle forme di estremismo nazionalista sulla cui stigmatizzazione si dovrebbe essere, in una discussione tra individui ragionevoli che condividano un comune patrimonio di principi democratici, tutti d’accordo.

Del resto “ultra” sta appunto ad indicare qualcosa che va oltre, nel caso specifico oltre un limite comunemente accettabile, che esso venga oltrepassato nel corso di una conversazione al classico bar o -cosa non necessariamente meno fastidiosa, ma sicuramente potenzialmente più dannosa- nelle affermazioni di un personaggio pubblico o nel programma di un esponente politico. Questa descrizione avrà portato alla mente personaggi nostrani, ma oggi guarderemo prevalentemente -anche se non solamente- ad Est.

Di fatto, negli ultimi 30 anni, quei territori che erano un tempo inclusi nel Blocco di Varsavia o in Jugoslavia hanno assistito alla nascita di movimenti ultranazionalisti che per organizzazione, metodi e grado di presenza nelle istituzioni fanno tutto sommato impallidire i nostri dilettanti locali. Di fatto, per quanto ci si possa lamentare dello stato della nostra democrazia, bisogna comunque ricordare che questa è vecchia di quasi 75 anni di elezioni più o meno libere e competitive, mentre nelle giovani democrazie non consolidate dell’Europa Orientale e Sud-Orientale le tendenze ultranazionaliste possono rappresentare una reale minaccia al processo democratico.

NAZIONALISMO E CATTOLICESIMO CONSERVATORE IN POLONIA

Cominciamo dunque subito dalla Polonia, che da qualche anno a questa parte è sempre meno associata a Solidarnosc e alle lotte per la democrazia che l’avevano resa particolarmente popolare in Occidente e sempre più a un certo conservatorismo di natura religiosa. La Polonia, Paese di slavi cattolici a lungo occupati prima da Russi ortodossi e poi da Sovietici atei, ha infatti visto, dopo la caduta del muro di Berlino, un’alleanza sempre più stretta tra Chiesa cattolica locale ed esponenti politici conservatori, che opportunamente mescolati hanno dato vita a una forma di nazionalismo che attecchisce tra le fasce più povere della popolazione e minaccia la tenuta delle istituzioni democratiche. Quali sono i processi che hanno portato a questo fenomeno? Affrontiamo l’argomento con una video intervista gentilmente fornitaci dagli amici di The Barricade, con cui da ora in poi collaboreremo quando ci sarà da parlare di Europa Orientale👇

…COSì COME IN AMERICA

Agganciandoci al tema dell’alleanza tra politica ed esponenti religiosi conservatori, alleghiamo un’ulteriore intervista, stavolta del Presidente Roberto Savio, che per chi segue OtherNews non necessita di presentazioni, il quale affronta il tema del ruolo della Chiesa Evangelica nelle elezioni negli Stati Uniti e in Brasile. Nello specifico, la Chiesa Evangelica riesce ad avere successo nella promozione di un’ideologia di destra conservatrice tra le fasce più povere della popolazione, diventando così un tassello fondamentale nel sostegno di governi nazionalisti e conservatori in materia di diritti civili, quali appunto Trump negli Stati Uniti e Bolsonaro in Brasile. Alleghiamo dunque questo secondo video a questo Sunday Breakfast, sperando che possa alleggerire una prosa probabilmente più pesante del solito. 👇

NAZIONALISMI ULTRA 70ENARI IN CROAZIA E BOSNIA

Se si parla di nazionalismi e ultranazionalismi, una menzione d’onore va all’ex-Jugoslavia, che dall’implosione dello stato socialista ad oggi ci ha regalato una discreta carrellata di personaggi più o meno stigmatizzabili, ma tutti per l’appunto accomunati da visioni ultranazionaliste. In questo Sunday Breakfast vi presentiamo il cantante Thompson che, in Croazia, ha fatto scalpore per il suo utilizzo del motto “Za dom Spremni”, motto dei nazionalisti croati durante la Seconda Guerra Mondiale e nelle guerre degli anni ’90, pressoché assimilabile al tedesco “Sieg Heil”. Un cantante che adopera nei suoi concerti motti fascisti non farebbe nemmeno troppo scalpore e non meriterebbe di essere qui menzionato, se non fosse che, colpo di scena, i giudici davanti cui è stato portato in giudizio hanno stabilito che non c’è nulla di irregolare e che il cantante in questione è pienamente autorizzato ad utilizzare il motto. 👇

La notizia giunge neanche un mese dopo le proteste a Sarajevo per la messa commemorativa per il massacro di Bleiburg: le celebrazioni in questione si svolgono ogni anno per commemorare quei circa 50.000-70.000 membri e simpatizzanti del regime fascista croato ustasha -tra cui anche civili- che, nel 1945, vennero massacrati a Bleiburg dopo essersi arresi ai partigiani titini. L’argomento è estremamente delicato, -troppo per essere trattato in poche parole senza essere fraintesi- poiché benché l’uccisione di prigionieri disarmati da parte dei partigiani abbia rappresentato un crimine, la messa in questione che si svolge ogni anno a Sarajevo si traduce in una commemorazione di coloro che in Bosnia cercarono, tra il 1941 e 1945, di attuare una vera e propria pulizia etnica, causando infinite sofferenze alla popolazione civile. Dunque, quest’anno, 5.000 cittadini di Sarajevo sono scesi in piazza in una manifestazione antifascista per denunciare l’alleanza tra Chiesa e nazionalisti.

GLI ULTIMI AGGIORNAMENTI DALLA ROTTA BALCANICA – NIENTE DI BUONO

È triste parlare dei Balcani citando quasi sempre storie di guerra e rifugiati, rinforzando quello spiacevole stereotipo anni ’90, ma è un dato di fatto come ancora oggi siano terre attraversate da profughi: tuttavia, queste terre non sono più un punto di partenza, ma di passaggio. Parliamo della cosiddetta rotta balcanica, che parte dal Medio Oriente e, a seguito della blindatura del confine ungherese, si infrange sulla frontiera croata, dalla quale giungono spesso report di ONG che denunciano la violenza sui migranti da parte della polizia croata. Di questo e soprattutto dell’ultima controversia, stavolta dentro i confini di Schengen a cavallo tra Italia e Slovenia e che quindi ci vede direttamente coinvolti, ci parla Marlene Simonini 👇

GLI IMPRESENTABILI ALLE ELEZIONI IN SERBIA

Si è parlato di ultranazionalismi e di Balcani, citando Bosnia e Croazia, quindi può risultare legittimo chiedersi se la Serbia abbia qualcosa da aggiungere alla nostra rassegna. Ebbene, per le elezioni del 21 Giugno, abbiamo tra i candidati non uno, ma ben due criminali di guerra condannati in via definitiva che aspirano a candidarsi alle elezioni come deputati. Vojislav Šešelj, già deputato e politico navigato e il nuovo arrivato in politica Dragan Vasiljkovic, a capo durante la guerra dell’unità dei Berretti Rossi: la Serbia fatica a lasciarsi le spalle gli spettri degli anni ’90. Per i dettagli l’articolo magistrale dell’Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa.

INFODEMIA, IL CAOS DELL’INFORMAZIONE SUL COVID

C’è poi una minaccia alla tenuta delle nostre democrazie più raffinata, meno palese e marcata della retorica ultranazionalista: parliamo di fake news e disinformazione e questa volta l’ambito è il COVID-19, che in questo Sunday Breakfast eravamo quasi riusciti a non nominare. Come ormai succede per qualsiasi argomento oggetto di dibattito politico, ci si ritrova invasi da notizie false e contraddittorie circa il virus e l’operato dei governi per contrastarlo. L’origine di questa ondata di post, siti e video sembrerebbe, ancora una volta, essere in Russia, stavolta accompagnata dalla Cina, accusate entrambe dalla Ue di aver creato un vero e proprio caos che ha complicato la gestione mondiale della pandemia. Per saperne di più e concludere a dovere questa rassegna stampa, l’articolo di Gianfranco Maselli 👇

CONCLUSIONI: ERRORI E ORRORI DEL NEOLIBERISMO

A 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino, la situazione politica, economica e ambientale mondiale ha dunque decretato il fallimento del neoliberismo, reo di aver generato veri e propri mostri come diseguaglianza, povertà, trasformazione dello stato in azienda e dei cittadini da fruitori di servizi a compratori, trasformazione del pianeta in un immondezzaio e si potrebbe andare avanti a lungo.

La pandemia, nonostante il caos della disinformazione, ha chiaramente confermato questo fallimento, costringendo il mondo a fermarsi e a decostruire l’economia neoliberista, mettendone in evidenza i limiti, gli errori e gli orrori. Bisogna cavalcare questo momento per cambiare, per sbarazzarcene definitivamente, per rendere finalmente il mondo un posto sicuro, giusto ed equo. 👇

Ci fermiamo qui, grazie per l’attenzione, buona domenica, alla prossima settimana!

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