di Antonio Figueras Huerta – Internazionale

Gli obiettivi più urgenti della conferenza sul clima
Antonio Figueras Huerta, The Conversation, Regno Unito3 dicembre 2019 13.41FacebookTwitterEmailWhatsappPrint

“Il cambiamento climatico è la principale sfida del nostro tempo. Ci troviamo in un momento decisivo per fare qualcosa. Siamo ancora in tempo per trovare una soluzione, ma servirebbe uno sforzo senza precedenti di tutti i settori della società”. Queste parole sono state pubblicate sul sito delle Nazioni Unite in vista del vertice sul clima (Cop25), cominciato il 2 dicembre. Previsto inizialmente in Cile, il vertice è stato spostato a Madrid.
“Il vertice è una tappa fondamentale nella cooperazione politica internazionale ed evidenzierà gli ottimi risultati dell’economia reale a sostegno del programma per il clima”, si legge nel comunicato. “Questi risultati rafforzeranno i mercati e le politiche fornendo lo slancio necessario nella ‘corsa verso la vetta’ ai paesi, alle imprese, alle città e alla società civile per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile e quelli fissati dall’accordo di Parigi”.
Una visione ottimista o pessimista?
La ricerca scientifica sul cambiamento climatico ha ormai più di 150 anni. Probabilmente si tratta di uno degli argomenti più studiati dalla scienza moderna. Tuttavia da trent’anni l’industria energetica e i gruppi di pressione politica diffondono dubbi sulla realtà del cambiamento climatico. Uno studio recente sottolinea che le cinque principali società petrolifere e del gas a livello mondiale investono ogni anno circa duecento milioni di dollari per finanziare lobby che influenzano, ostacolano o bloccano lo sviluppo delle politiche per il clima. Gli ultimi cinque anni, dal 2015 al 2019, passeranno alla storia come il periodo caratterizzato dalla più alta temperatura media mai registrata, come si legge in uno studio sull’ambiente presentato recentemente dalle Nazioni Unite in vista del vertice sul clima.
Aspettative contro realtà
Il documento, dal titolo United in science, sottolinea la crescente distanza che separa la realtà dei fatti dagli obiettivi fissati per arginare la crisi climatica. Per esempio, secondo i dati dell’Agenzia statale per la meteorologia, sette dei dieci anni più caldi registrati in Spagna dal 1965 fanno parte del ventunesimo secolo. L’ultimo anno da record è stato il 2017, quando la temperatura media è stata di 16,2 gradi, 1,1 gradi in più rispetto al periodo di riferimento (1981-2010). Lo studio rivela inoltre che i livelli dei principali gas serra – anidride carbonica, metano e protossido di azoto – hanno raggiunto i massimi storici. La concentrazione di anidride carbonica aumenta dell’1 per cento ogni anno. Nel 2018 l’aumento ha raggiunto il 2 per cento. Nonostante il grande sviluppo delle energie rinnovabili, il sistema energetico globale è ancora dominato dai combustibili fossili.
CO2 sempre più abbondante
Negli ultimi anni si è passati da una concentrazione di epoca preindustriale di 280 ppm (parti per milione) di CO2 nell’aria alle 390 ppm del 2009. I gas a effetto serra restano attivi nell’atmosfera molto a lungo, per questo sono chiamati “di lunga permanenza”. Dell’anidride carbonica emessa nell’atmosfera, circa il 50 per cento impiegherà trent’anni prima di sparire. Il 30 per cento resterà per diversi secoli mentre il restante 20 per cento non svanirà prima di migliaia di anni. Secondo United in science la stabilizzazione dei gas serra a 445 ppm limiterebbe l’aumento della temperatura globale a circa 2 gradi centigradi. Per riuscirci, però, dovremmo ridurre le emissioni di gas serra tra il 50 e l’85 per cento entro la metà del secolo attuale. Il documento indica inoltre che nel 2018 sono state emesse 37mila tonnellate di anidride carbonica, una cifra da record. La concentrazione di questo gas ha raggiunto le 407,8 ppm. I dati preliminari raccolti nel 2019 suggeriscono che i livelli potrebbero raggiungere e superare le 410 ppm entro la fine dell’anno.


