di Gianfranco Maselli – OTHERNEWS
La Nigeria diventerà la terza potenza demografica al mondo dopo Cina e India. Sebbene si qualifichino come una risorsa umana enorme, i giovani del paese devono tuttavia affrontare sfide multiformi e, in alcuni casi, senza precedenti.
Per cominciare a parlare delle problematiche e delle aspirazioni di una realtà lontana come quella nigeriana, forse potrebbe esserci d’aiuto scrutarla attraverso la sua letteratura. Se riuscissimo, ad esempio, ad attraversare lo sguardo di Ben Okri, uno dei più importanti poeti e romanzieri nigeriani, ci ritroveremmo a percorrere un lungo scivolo che, dall’immaginario del poeta, condurrebbe ad un immaginario collettivo ampissimo, fatto essenzialmente di sfide incessanti che attraversano, da sempre, le giovani generazioni del paese.
Pare quasi si rivolga proprio a loro, lo scrittore, quando asserisce che “se la realtà è una battaglia di sogni rivali, a condurre la lotta dovrebbero essere i nostri incantesimi, la nostra voce e il nostro amore più alto.”
Non è soltanto una chiamata alle armi per quelle nuove generazioni da cui dipende il futuro di un paese che ha alle spalle lotte per l’autonomia, una guerra civile terminata nel sangue, tentativi di golpe e 3 Repubbliche. Le parole di Okri sono anche un’occasione per riflettere sulla gioventù nigeriana oggi sempre più numerosa, sul suo peso nel paese, sui suoi sogni, sui limiti che è costretta a vivere e sulle sfide che è chiamata ad affrontare.
Mai come ora è urgente fare questa riflessione, in un momento in cui la Nigeria non solo rimane il paese più popoloso dell’Africa, contando circa 210 milioni di abitanti, ma è prossimo a diventare uno dei paesi più giovani dell’intero globo.
L’escalation delle nascite verificatasi in Nigeria porta con sé un’occasione di riflessione duplice. La nazione si appresta ad avere la terza più grande popolazione giovanile al mondo, dopo Cina e India, con oltre 90 milioni di giovani sotto i diciotto anni. D’altro canto, sebbene questo dato si qualifichi come una risorsa umana enorme, i giovani devono anche affrontare sfide multiformi e, in alcuni casi, senza precedenti.
Da una parte ci sono le battaglie della crescente disoccupazione, quelle dell’insicurezza derivante dai conflitti etnici, quella contro uno stato che non sa ascoltare e quella al fianco delle nuove sottoculture giovanili e dell’innovazione. Dall’altra, invece, ritroviamo la sfida all’esclusione dei giovani dall’ingranaggio politico e il dramma di Boko Haram e dei bambini soldato.
La Nigeria è capace di racchiudere in sé anime, mondi e situazioni tutte differenti, come il costante sforzo per rimanere la prima economia africana e la convivenza con Boko Haram, l’organizzazione terroristica jihadista diffusasi nel nord del paese quasi 20 anni fa che, in seguito al recente incremento delle nascite, ha aumentato il reclutamento di bambini per combattere la guerra santa contro lo stato nigeriano e i cristiani.
Le ultime informazioni su questo sviluppo inquietante provengono da fonti di intelligence, individui e prodotti audiovisivi, come il filmato diffuso nel Maggio scorso in cui Boko Haram aveva mostrato diversi bambini con il kalashnikov a tracolla che si dicevano pronti a morire.
Ad attestare l’accaduto, un rapporto realizzato dal rappresentante speciale delle Nazioni Unite per i bambini nei conflitti armati, che ha mostrato come dal gennaio 2017 al dicembre 2019 Boko Haram abbia usato, in combattimento o per altri scopi come la schiavitù sessuale, almeno 1.385 bambini e bambine.
Davanti a questi dati è impossibile non rabbrividire, così come è facile lasciarsi andare ad un’interpretazione univoca della condizione sociale del paese. È opportuno, tuttavia, considerare l’area di influenza dell’organizzazione. Boko Haram è cresciuta tanto negli ultimi anni ma, in realtà, sembra aver attecchito solo in alcune zone del paese.
Ad essere interessate dal fenomeno terroristico sono, infatti, soltanto le aree del nord della Nigeria, parte del Ciad, Niger e Camerun settentrionale, territori strettamente rurali e occupati dalla giungla dove l’obiettivo dell’instaurazione di uno Stato Islamico nel paese, con la Shari’a come base del sistema legale e giudiziario, pare goda di più consensi diversamente dal resto del territorio del Centro-Sud: un’altra Nigeria dove i giovani imbracciano sfide diverse da quelle dei bimbi soldato.
È l’altra faccia di un paese che incarna la fuga dal terrorismo assieme a quell’ occidentalizzazione, quella cristianizzazione e quella modernizzazione della società così lontana dal pensiero di Boko Haram. È qui che l’escalation demografica si fa sentire con un peso diverso rispetto al Nord.
L’area centro-meridionale del paese, infatti, conta un’ampissima popolazione di giovani, diretta conseguenza dell’alto tasso di fertilità fra gli adolescenti. Ogni mille giovani donne si contano più di 109 nascite, un dato molto discusso, superiore alla media mondiale e leggibile secondo diverse chiavi di lettura.
Se nell’area settentrionale l’espansione demografica si traduce drammaticamente in corpi terroristici sempre più nutriti e giovani, dove i soldati più giovani hanno dai 5 agli 8 anni e il 40 % dei reclutati consiste in bambini fra i 13 e i 15anni, in altre aree il picco delle nascite nigeriane significa da una parte prospettive di sviluppo e dall’altra immigrazione massiva.
Ad oggi, infatti, la Nigeria è il paese da cui proviene la maggior parte dei migranti che sbarcano, ad esempio, sulle coste italiane. Ben 18 mila sono state le persone emigrate soltanto nel 2019, un numero importante e strettamente dipendente dalla scarsa formazione e dalla bassa possibilità di impiego che molti giovani sono costretti a vivere nelle aree più rurali.
Accanto a questi ragazzi cresciuti lontani dai centri industrializzati e dalle grandi città, con in tasca poche chance di inserirsi in un mercato del lavoro saturo e tante speranze di trovare lavoro in Europa, fuggono anche i rifugiati ambientali delle regioni del delta del fiume Niger, zona ricca di petrolio la cui estrazione sta provocando conseguenze devastanti per l’ecosistema e per le popolazioni che vivono di agricoltura e pesca. Scappano anche le giovanissime ragazze, a volte minorenni, adescate con la promessa di un lavoro in Europa e “ripagate” con un debito dai 30 ai 50 mila euro, che sono costrette a saldare prostituendosi.
Un paese multiforme, la Nigeria, dove all’esperienza incessante della fuga e al dramma di Boko Haram che coinvolgono le nuove generazioni si affiancano anche sfide diverse, più moderne, figlie di quell’ incremento demografico che in città come Lagos ha sortito effetti ancor differenti.
La strada, le possibilità dietro ogni angolo, le sfide e il dinamismo offerto dai nuovi spazi urbani della capitale Abuja e delle città della costa hanno fomentato la creatività, le sottoculture e i progetti di una nuova generazione che, oltre ad essere sempre più numerosa, si sta rivelando anche molto connessa e, soprattutto, consapevole.
Di consapevolezza, ad esempio, si può parlare fra i giovani attivisti che si battono contro l’emarginazione dei ragazzi dalla politica nigeriana. Il 65% della popolazione nigeriana ha meno di venticinque anni ed è, ad oggi, ancora ampiamente esclusa dall’ingranaggio politico di quella che è la prima economia africana, dominata da un’élite che invecchia sempre più rapidamente.
I nigeriani di età compresa tra i 18 e i 35 anni rappresentano il principale zoccolo dell’elettorato, il 51%. La percentuale, che corrisponde a circa 43 milioni di persone, viene corteggiata costantemente da candidati anziani che, in molti casi, incarnano una corruzione che ha spinto molti giovani a tentare di farsi spazio in un tessuto politico angusto e ancora demograficamente vecchio.
Fra questi certamente il 35enne Chike Ukaegbu, uno dei candidati più giovani della storia politica nigeriana che è riuscito a tuffarsi in politica grazie alle legge del 2018, Not too young to run, che ha ridotto il limite di età per i candidati alle presidenziali da 40 a 35 anni. Ukaegbu ha condotto un’abile e consapevole campagna elettorale attraverso la rete e i social network, un mondo attraversato da un crescita sempre più esponenziale.
L’accessibilità ad internet è infatti sempre più immediata e il settore delle telecomunicazioni ha superato gli obiettivi annuali, producendo alcuni degli impatti più significativi dall’inizio degli anni 2000.
A partire dalla deregolamentazione del settore nel 2001, vi è stato un investimento senza precedenti nelle telecomunicazioni: oltre 18 miliardi di dollari dal 2001 al 2015.
Il risultato è stato un incremento fino a 64 milioni del numero di persone che hanno accesso ad Internet, un conseguente miglioramento dell’alfabetizzazione nelle nuove generazioni e, soprattutto, il prolificare di quelle sottoculture digitali che, di fronte ad una crescita demografica massiva e alla scarsa possibilità di lavoro, sono riuscite a riunire i più giovani sotto una nuova creatività comune, un nuovo senso di empowerment che ha portato la gioventù nigeriana a scoprire ed intraprendere professioni fino a poco fa inedite per il paese.
Da una crescita impressionante sono attraversati ad esempio il settore della creatività digitale, del cinema, della musica e della moda, di cui il paese è leader indiscusso in Africa. La Lagos Fashion & Design Week ha preso il posto negli ultimi anni di quella di Johannesburg come punto di riferimento per le tendenze stilistiche africane e non solo. La moda nigeriana riecheggia così tanto da essere riconosciuta anche nelle grandi metropoli europee e americane come New York, Londra e Parigi, dove sempre più occidentali vengono attratti dallo stile di quel “gigante” africano, sempre più difficile da inquadrare univocamente.
Inquadrarlo, d’altronde, sarebbe un’impresa tanto difficile quanto sciocca.
Ridurre la Nigeria, come tanti altri paesi, soltanto alla sua crescita o ai suoi drammi interni è pressoché impossibile, considerando che la prospettiva di occupare il terzo posto fra i paesi con più la grande popolazione giovanile al mondo apre scenari disparati, fatti di innumerevoli possibilità ma anche di tanta precarietà.
Estreme effervescenze demografiche, religiose, economiche, culturali e artistiche, accompagnate da scorci dove alle contraddizioni, alla fuga e alle disillusioni si affiancano nuove possibilità e speranze, fanno della Nigeria un teatro di sfide unico dove l’appello di Ben Okri alle nuove generazioni, di armarsi di incantesimi, voce alta e amore, potrebbe essere il più valido dei consigli per giocare al meglio la partita del futuro nigeriano.