Duterte ordina di sparare a vista a chi viola la quarantena

di ALESSANDRO URSICLA STAMPA

Filippine sempre più in crisi per il Coronavirus. Il capo della polizia ha precisato che gli agenti non eseguiranno

Rodrigo Roa Duterte, Presidente della Repubblia delle Filippine

BANGKOK. Gli incoraggiamenti a stare a casa e il lockdown di Manila non bastano. Nelle Filippine, ora la polizia ha l’ordine di sparare “a morte” a chiunque causi “problemi” nelle aree chiuse per arginare la diffusione del coronavirus. L’ordine è arrivato direttamente dal presidente Rodrigo Duterte, anche se il capo della polizia ha presto precisato che gli agenti non lo eseguiranno.

Come altre volte in quattro anni di governo, l’ordine di uccidere i potenziali untori rimarrà probabilmente una “sparata” del vulcanico Duterte. Ma sono tutte dichiarazioni che contribuiscono ad alimentare la sua fama di leader dal piglio deciso, l’uomo forte a cui i filippini hanno consegnato il Paese nel 2016 e che continua a godere di un solido consenso. E anche se rimangono estemporanee, sono parole che spesso dettano la linea di un governo sotto cui il rispetto dei diritti umani è stato eroso dal primo giorno. Duterte, soprannominato “il castigatore” o anche “Duterte Harry” (un gioco di parole con il “Dirty Harry” impersonato da Clint Eastwood in “Ispettore Callaghan”), ha coltivato il suo fascino di uomo autoritario già prima di essere eletto. In due decenni da sindaco, aveva ripulito la città di Davao con esecuzioni sommarie di spacciatori e gangster vari. Promise di fare altrettanto su scala nazionale, esortando la gente a mettere su aziende di pompe funebri, dato che lui avrebbe “fornito i cadaveri”. Una volta eletto, le migliaia di morti sono poi arrivate in una brutale “guerra alla droga”.

Duterte ha anche minacciato di fare come Hitler. Come il dittatore nazista aveva massacrato gli ebrei, “sarei felice di massacrare i nostri tre milioni di tossicodipendenti”, aveva detto. E a chiunque criticasse la sua guerra alla droga arrivarono insulto: celebri il “fuck you” all’Unione Europea e il “figlio di puttana” dedicato a Barack Obama e a Ban Ki-moon, ma anche un simile epiteto a Papa Francesco solo per aver intasato il traffico di Manila con la sua visita.

Spesso le parole di Duterte giocano volutamente sull’ambiguità, per dare una sensazione di minaccia. “Se sei corrotto, ti metto su un elicottero per Manila e ti butto giù in volo. L’ho fatto una volta. Perché non dovrei farlo ancora?”, disse una volta, riferendosi al suo pugno duro da sindaco di Davao. Idem il “Solo perché sei giornalista non sei esente dall’essere assassinato, se sei un figlio di puttana”, detto dopo l’omicidio di un reporter a Manila. E per dettare la linea dura contro il terrorismo islamico nel sud, nel 2017 aveva detto di portargli un terrorista: “Datemi sale e aceto, e mangerò il suo fegato”.