di Naomi Di Roberto – OTHERNEWS
2981 femminicidi in Venezuela, 505 durante il 2020 di cui 311 solo in quarantena: da metà marzo a metà giugno aumento del 33% dei casi di violenza di genere.

Siamo a Caracas, Venezuela, e le sue strade stremate da emergenza sanitaria, crisi economica petrolifera ed una guerra civile sfiorata, sono ancor oggi protagoniste di una storia fatta di violenze e repressione, una storia che tende a ripetersi e a non trovare il suo epilogo: Nicolás Maduro, al potere dal 2013, l’osso non lo vuole proprio mollare.
La storia infinita
Nicolás Maduro, dopo aver ricoperto vari ruoli politici all’interno del Paese ed essere sempre ruotato attorno a figure carismatiche e di spicco come Hugo Chávez, ha posto sotto la lente dell’intero globo proprio la sua terra, il Venezuela, per aver lì attuato fin dall’inizio del suo mandato una politica di violenze ed intimidazioni, prodotte sia da misure repressive concretizzate dal governo contro le opposizioni, sia dal peggioramento delle condizioni economiche del Paese.
Proprio questo inverno, precisamente a Gennaio, con il suo “Sì se puede” – traduzione del “Yes we can” di Obama, Juan Guaidò a capo dell’opposizione e dell’Assemblea Nazionale, aveva tentato di sfidare il regime autoproclamandosi Presidente ad interim fino a nuove elezioni del Venezuela (https:// www.other-news.info/notizie/2020/01/30/venezuela-guaido-si-proclama-presidente-trump- lo-riconosce-maduro-e-colpo-di-stato/). La vicenda fece ovviamente il giro del mondo e figure di spicco come Federica Mogherini (alto rappresentate Ue per la politica estera) o Donald Tusk (Presidente del Consiglio Ue) avevano subito dato il proprio appoggio all’operato di Guaidò ma, nonostante ciò, la vicenda si tradusse ugualmente in un nulla di fatto in quanto l’opposizione non riuscì a trovare l’appoggio delle forze armate Venezuelane ed in più anche la defezione dei membri
dell’apparato della sicurezza del Paese.
“Siamo in questo palazzo per volontà del popolo, solo la gente ci può mandare via” – aveva annunciato Maduro arringando la folla dal balcone del Palacio de Miraflores – “Non vogliamo tornare al ventesimo secolo degli interventi del gringo, la gente dice no al colpo di stato, no all’interventismo e al colpo di stato, qui nessuno si arrende, qui andiamo a combattere”.
Da buon “osso duro” che si rispetti la mossa successiva da parte del Presidente Maduro fu quella di provare ad eliminare dalla scena internazionale il prestigio di Guaidó facendo salire al potere un nuovo presidente all’Assemblea Nazionale affine al suo operato ed alla rivoluzione bolivariana: si tratta di Luis Parra, ex membro del partito Primero Justicia, prima oppositore ora alleato di Maduro. “Un golpe contro il Parlamento” – aveva commentato Guaidò – “in associazione con la dittatura, avvenuto con il sequestro di un gruppo di deputati, senza quorum e privo di qualsiasi legalità”. Proprio l’ostacolo del raggiungimento del quorum era stato facilmente abbattuto: solo a dicembre 2019, infatti, vi era stata la modifica che prevedeva che, per il raggiungimento della maggioranza più uno, avrebbero potuto partecipare alle votazioni anche i deputati che si trovavano all’esterno per via telematica.
Un tentativo che si può dire fallito in quanto la denuncia di Juan Guaidó non si è di certo fermata, anzi, ha concentrato tutte le forze rimaste in vero e proprio tour tutto europeo mirante a riconfermare il suo ruolo di presidente ad interim del Paese, appoggiato anche dai quattro Partiti più importanti nel Parlamento Venezuelano, incontrando i capi di Stato e denunciando loro tutte le violazioni di diritti umani e democrazia ancor oggi in atto nel Paese sotto il controllo serrato di Maduro.
La vicenda non è passata di certo inosservata agli occhi dell’Unione Europea che non
ha fatto mancare le dovute sanzioni al Venezuela, in particolare al Presidente Luis Parra ed ai
Vicepresidenti Franklin Leonardo Duarte e José Noriega, sanzioni dovute principalmente alla
minaccia anti democratica. Ma il principale “bastone fra le ruote” di Maduro non è di certo
l’Europa. Già a Gennaio, infatti, fra i primi a riconoscere Guaidò come Presidente ad interim
era stato il Presidente americano Donald Trump: “Oggi riconosco ufficialmente il
presidente dell’Assemblea nazionale venezuelano, Juan Guaidò, come presidente ad interim.
Il popolo del Venezuela ha con coraggio fatto sentire la propria voce contro Nicolas Maduro e
il suo regime e ha chiesto libertà e rispetto per la legge – attacca il tycoon – Nel suo ruolo di
presidente dell’Assemblea nazionale è l’unico ad essere stato legittimamente eletto”. Le
strategie adottate dal Presidente degli Stati Uniti d’America che da sempre considera Maduro
un usurpatore e un dittatore, sono però molteplici e sicuramente astute.
Petrolio
Il Venezuela è sicuramente fra i Paesi con le più grandi riserve di petrolio al mondo.
Già il 28 gennaio il governo degli Stati Uniti, apparentemente distratto da vicende politiche e primi casi di coronavirus, aveva annunciato nuove misure per impedire alla compagnia petrolifera dello Stato del Venezuela di esportare petrolio grezzo negli Stati Uniti, petrolio che, una volta raffinato, viene nuovamente rivenduto al Venezuela. Questo avviene perché il Venezuela, avendo solo raffinerie antiquate, ha la grande necessità di vendere il petrolio per poi riacquistarlo dalle raffinerie statunitensi che sono le uniche nel continente in grado di trattare il greggio. Ad oggi, grazie a questo sistema, l’economia Venezuelana, basata quasi totalmente sul petrolio e strettamente dipendente dalle esportazioni in America, è in profonda crisi con estrazioni medie giornaliere che scendono in picchiata. Molte compagnie petrolifere, infatti, a causa della possibilità di ricevere sanzioni, si sono rifiutate di fornire i servizi e le tecnologie necessarie che permettevano all’economia del Venezuela di sopravvivere. Un colpo basso? Forse. Fallito il tentativo di rovesciare il governo, l’America gioca una carta che va a colpire nel profondo il Paese: si ricordi infatti che i finanziamenti che avevano permesso l’applicazione delle politiche del regime di Chavez prima e di Maduro poi erano forniti proprio dalla compagnia petrolifera di Stato.
Ma l’economia conta comunque su più mercati per collocare il greggio ed ottenere benzina raffinata. Già all’inizio del 2019, il rifornimento di petrolio venezuelano sul mercato cinese era aumentato in circa 193% : un modo per aiutare l’alleato Maduro? Forse. Fatto sta che Pechino sta acquistando il petrolio rimasto fermo nelle raffinerie diventando il principale creditore del Venezuela e cercando dunque di proteggere gli investimenti fatti in questi anni nel Paese.
Violenza e pandemia a confronto
L’inizio dei disordini in questo senso iniziano a marzo 2017 quando la Corte suprema di giustizia appoggiata dal presidente Maduro ha preso il controllo dell’Assemblea Nazionale ove l’opposizione deteneva la maggioranza. Tale abuso ha dato il via a numerosissime proteste, represse poi dall’amministrazione Maduro con uso illegale e sproporzionato della forza. Tra aprile e luglio 2017, più di 120 persone sono state uccise, circa 1.958 sono rimaste ferite e oltre 5.000 sono state arrestate durante le proteste di massa.
Nel 2018 erano state registrate circa 12.715 proteste in tutto il Venezuela, inasprite poi proprio a gennaio 2020 quando, vista la forte tensione, gli oppositori guidati da Guaidò avevano lanciano un appello alla mobilitazione in tutto il Paese per chiedere la formazione di un governo di transizione e lo svolgimento di nuove elezioni. Il governo, da parte sua, aveva convocato a loro volta delle manifestazioni per difendere la legittimità del secondo mandato di Maduro, non riconosciuto però dalla maggior parte della comunità internazionale. “La violenza e l’uso eccessivo della forza da parte delle forze di sicurezza è completamente inaccettabile, e certamente non risolveranno la crisi” – aveva dichiarato Federica Mogherini – “Il popolo venezuelano ha il diritto di manifestare pacificamente, scegliere liberamente i propri leader e determinare il proprio futuro”. In prima linea contro Maduro erano soprattutto i quartieri operai di Caracas, quelli che una volta lo sostenevano , ad oggi ridotti allo sfinimento da una crisi economica senza fine.
Il report di Michelle Bachelet sui diritti umani in Venezuela (https://drive.google.com/ file/d/1luSTFH9u7ojcQ3kb_cmT_V7KI39QnO3E/view ) denuncia esecuzioni, torture, persecuzioni, che vanno da giugno 2019 a maggio 2020: il riassunto in sole 17 pagine della gravissima e pericolosissima situazione umanitaria in un Paese dal sapore di dittatura. Segnalazioni di violazioni al diritto di libertà di espressione con detenzione arbitraria per i dissidenti, torture nelle carceri, corruzione, mancanza di cure e farmaci per la popolazione ed eliminazione del dissenso fanno “solo” da sfondo a quel quadro al cui centro vengono poste donne e bambini. Per l’anno 2019, secondo il “Monitor dei Femminicidi” messo a disposizione da Utopix (https://utopix.cc/pix/mayo-del-2020-los-femicidios-siguen- aumentando-en-todo-el-mundo/), risultano 2981 femminicidi in Venezuela, 505 durante il 2020, 311 solo in quarantena, la maggior parte effettuati tramite arma da fuoco. Proprio il 12 Marzo il Presidente Maduro aveva annunciato lo stato di emergenza del sistema sanitario nazionale e quindi la sospensione di voli da e per Venezuela provenienti dall’Europa, Colombia, Panama e Repubblica Domenicana per un periodo di 30 giorni; a partire dal 17 Marzo era stata disposta la quarantena obbligatoria per tutto il Paese: secondo uno studio di Save The Children, i casi di violenza di genere sarebbero così aumentati del 33% mettendo a serio rischio donne e bambini costretti in casa (https://www.savethechildren.it/blog-notizie/ venezuela-la-pandemia-aumenta-la-violenza-contro-donne-e-bambini).
Per quanto riguarda gli omicidi, circa16.506 sono stati registrati solo nel 2019 dall’Osservatorio sulla violenza, Ong impegnata proprio sulla raccolta e denuncia della violenza nel Paese, un tasso di 60,3 omicidi per centomila abitanti. “Il Venezuela continua a
essere lo Stato più violento in America”, ha affermato il Presidente, Roberto Briceno León, alla presentazione del rapporto annuale. Ad oggi, il regime di Nicolás Maduro è ancora accusato di ricorrere a violenze, intimidazioni, torture. L’osso verrà mollato?


