Rapporti di vicinato sempre più tesi tra Grecia e Turchia

di Guglielmo RezzaOTHERNEWS

Sale le tensione tra Ankara e Atene e i loro alleati nel Mediterraneo Orientale, dove ci si contende i diritti di sfruttamento delle preziose risorse celate sotto il fondale del mare

La nave Oruc Reis scortata da fregate militari

Il 26 Agosto si sono svolte, alla presenza di Erdogan, le consuete celebrazioni per la battaglia di Manzikert, combattuta nel 1071 in Anatolia dalle truppe del declinante impero bizantino e quelle del giovane e rampante impero selgiuchide, fondato meno di un secolo prima da quelle tribù turche che dalle steppe asiatiche si erano spinte sino alle porte dell’Asia Minore. La battaglia si concluse con una sconfitta decisiva delle truppe greche bizantine e con l’umiliante cattura dell’imperatore Romano IV ad opera dei turchi.

Lo scontro ha assunto un fortissimo valore simbolico, poiché a seguito di esso l’Impero bizantino perse il controllo dell’entroterra anatolico, dove andarono invece a insediarsi quelle stesse popolazioni turche che lo abitano ancora adesso. Con la battaglia di Manzikert l’Anatolia ha cessato di essere il cuore prevalentemente greco e cristiano dell’impero bizantino e avviato quel processo di trasformazione che l’avrebbe resa una terra abitata da turchi musulmani.

Durante tale commemorazione Erdogan ha parlato alla Grecia, affermando che la Turchia non è disposta a compiere compromessi su ciò che le appartiene, invitando Atene ad “evitare errori che la porteranno alla rovina”. Ma se mille anni fa quelli che possono essere considerati gli antenati dei due Stati moderni si scontravano per il possesso dell’entroterra anatolico, l’oggetto del contendere è adesso spostato nelle acque del Mediterraneo Orientale.

I conflitti nascono sempre da una rivalità per il controllo delle risorse e nel XXI secolo la risorsa per eccellenza sono gli idrocarburi: nel caso specifico, le tensioni sono originate dalle rivendicazioni della Turchia su giacimenti situati nel Mediterraneo Orientale, contestate dagli altri Stati della regione, in particolare da Cipro e Grecia.

Alla base di questa disputa territoriale marittima vi sono due diverse concezioni dei confini marittimi. La Grecia e Cipro, come del resto altri 165 Stati al mondo, per la definizione dei confini marittimi si rifanno alla Convenzione di Montego Bay del 1982, che pone a 12 miglia nautiche il confine per le acque territoriali e a 200 miglia nautiche quello per la Zona Economica Esclusiva, all’interno della quale lo Stato ha diritto esclusivo sulle materie prime che vi si possano trovare.

Confini marittimi nel Mediterraneo Orientale secondo il diritto internazionale

La Turchia, al contrario, utilizza il concetto di piattaforma continentale, che ovviamente interpreta in maniera estensiva e soprattutto nega che le isole possano avere diritto a una Zona Economica Esclusiva. Questa peculiarissima dottrina, ovviamente non condivisa dalla comunità internazionale, cancella sostanzialmente le acque dell’isola di Cipro dalla mappa: del resto la Turchia è anche l’unico Stato al mondo a non riconoscere, dalla crisi del 1974, la Repubblica di Cipro e a riconoscere invece la Repubblica Turca di Cipro del Nord.

Secondo la personale interpretazione della Turchia, neanche le isole greche di Kastellorizo -situata a 2 km dalla costa turca- e di Creta sarebbero dotate di una una Zona Economica Esclusiva, poiché non dotate di una propria piattaforma continentale. Quest’ultima disputa è stata recentemente ravvivata dall’accordo firmato a Novembre 2019 tra il governo di Ankara e Tripoli, che definiva le zone marittime dei 2 Stati e cancellava sostanzialmente le acque marittime dell’isola di Creta. L’accordo ha ovviamente suscitato critiche e condanne dalla comunità internazionale, ma la Turchia è andata avanti per la sua strada.

Confini marittimi secondo l’accordo concluso tra Tripoli e Ankara

In risposta alle decisioni arbitrarie della Turchia, la Grecia si è mossa per cercare di consolidare la prassi definita dal diritto internazionale: il primo passo è stata, il 9 Giugno, la conclusione di uno storico accordo con l’Italia, tramite il quale i due Paesi hanno definito le rispettive Zone Economiche Esclusive nel più ortodosso rispetto della Convenzione di Montego Bay. Il passo successivo è stata la firma, il 6 Agosto, di un accordo con l’Egitto, tramite il quale i due Paesi hanno concordato le rispettive Zone Economiche Esclusive, impiegando come riferimento per la loro definizione la linea di costa egiziana e dell’isola di Creta.

Ovviamente la Turchia non ha gradito la cosa, ritenendo che Grecia ed Egitto non condividano alcun confine marittimo poiché l’area sarebbe -sì, esatto- anch’essa parte della piattaforma continentale turca, la cui precisa estensione è a questo punto difficile da definire. I due accordi tra Ankara e Tripoli e Atene e Il Cairo sono ovviamente incompatibili e non possono che far salire la temperatura politica nell’area.

Casus belli per l’attuale escalation è stato l’invio, a metà Agosto, della nave di rilevamento Oruc Reis nelle zone contese: la presenza della nave in quelle acque, dove si trova tuttora, rappresenta una chiara provocazione da parte di Istanbul e un modo per riaffermare il proprio diritto allo sfruttamento delle risorse minerarie dell’area.

L’effetto domino è stato rapido, con la Francia che si è schierata a fianco di Cipro e Grecia, inviando navi e aerei da guerra nella zona a loro sostegno e indispettendo -volendo usare un eufemismo- Erdogan. Del resto la Francia è impegnata sul fronte opposto della Turchia nella guerra in Libia, dove assieme all’Egitto sostiene le forze di Tobruk e ha quindi rapidamente colto l’occasione per cercare di rintuzzare l’espansionismo turco nel Mediterraneo.

Il passo dalle provocazioni verbali alle esercitazioni militari è stato particolarmente breve e così tra il 26 e il 28 Agosto si è svolta un’esercitazione militare congiunta delle flotte di Grecia, Cipro, Francia e Italia a sud dell’isola di Cipro. Ovviamente la Turchia risponderà con la propria esercitazione militare, che verrà tenuta tra tra l’1 e il 2 Settembre e che non a caso si svolgerà a Nord-Est di Cipro, ossia vicino al lato dell’isola dove si trova la Repubblica di Cipro del Nord.

Così, mentre si discute a Berlino nel tentativo di raggiungere una soluzione diplomatica, attorno all’isola divisa di Cipro vengono svolte esercitazioni militari e si innalza la tensione. Lo scenario sembra particolarmente complesso e vede l’intrecciarsi di vecchie tensioni, quali la questione cipriota e le dispute marittime tra Grecia e Turchia, con altre più recenti, quali la guerra civile in Libia e il tentativo della Turchia di affermarsi come potenza egemonica regionale, perseguendo aspirazioni neo-ottomane. Sebbene l’escalation militare tra Paesi NATO non sembri particolarmente probabile la situazione rimane tesa e continuerà a produrre sviluppi interessanti.