Ilaria Fieroni, esperta in regulatory and compliance risk, è un ottimo modo per fare il punto su quanto è accaduto e su cosa dobbiamo aspettarci in futuro dopo il caso Game Stop. Cosa c’è al di là dell’euforia generale?
di Gianfranco Maselli– OTHERNEWS
Quando il pensiero di scrivere l’articolo che segue è venuto a farmi visita mi sono accorto che il suddetto non era giunto da solo. Era affiancato da un mea culpa di ignoranza e spaesamento. Una compagna temibile.
Nutrivo la vivida necessità di scrivere del caso Game Stop. Non sapevo tuttavia da dove cominciare. Non credevo neanche sarei stato in grado di districarmi in un argomento così lontano rispetto al mio retaggio.
Lo stato delle cose ricerca lo scontro ma, alla fine, conosce la pace. Leggendo coloro che hanno paragonato quanto è accaduto ad una decapitazione del celebre toro di Wall Street sono riuscito anch’io, in un certo senso, a tagliare la testa al toro.
Ho fatto ordine fra i miei pensieri ho studiato il caso Game Stop. Ho riconosciuto i miei limiti e la necessità di coinvolgere qualcuno che ne sappia di più di me.
Per questo motivo ho sentito la necessità di scomodare qualcuno che mastichi tutti i giorni la finanza. Ho deciso di intervistare la dottoressa Ilaria Fieroni, esperta in regulatory and compliance risk per Deloitte, per discutere del caso Game Stop.
Il caso Game Stop: Cosa è successo?
Dottoressa Fieroni, quando ho deciso di informarmi sul caso Game Stop il primo ostacolo che ho riscontrato è stato un sensazionalismo generale. In un argomento così tecnico questo approccio andrebbe bandito senza troppi fronzoli. A quanto pare il caos nell’informazione continua a mietere vittime. Il primo articolo che, da profano, ho letto per capirci qualcosa tirava in gioco Karl Marx e la teoria del Crollo del Capitalismo nel primo paragrafo. Quanta poesia sensazionalistica è stata spesa sul web per abbellire l’accaduto? Quanto c’è di vero in ciò che è stato detto? Se dovesse scegliere anche lei una metafora da accostare a tutta questa storia quale sceglierebbe?
Effettivamente questa vicenda è stata definita in modi innumerevoli. Ho letto dell’“onda dei millennial”, della “battaglia tra Davide e Golia”, de “la rivalsa dei piccoli investitori”, del “day trader”. Io preferisco definirlo come un trampolino di lancio in una piscina senz’acqua dove la diretta conseguenza è lo schianto.
Vorrei cercare di evitare un linguaggio profano. Per questo motivo è giusto che sia tu a spiegare. Cos’è Game Stop? Cosa c’è alla base del caso che ha visto questa società sotto la luce dei riflettori nei giorni scorsi.
Andiamo con ordine. Innanzitutto, Game Stop è un’azienda statunitense fondata nel 1984 operante nel settore della grande distribuzione organizzata, i cui prodotti sono videogiochi. Ad aprile 2020 il suo valore in borsa ha raggiunto i minimi con una quotazione pari a 2,80 dollari, pari a quasi due hot dog acquistati dal tizio col carrettino a Central Park.
Ma poi ecco che il 2021 ha segnato una grande svolta: Game Stop è schizzata in borsa per tutto il mese di gennaio raggiungendo, il 27 del mese, una quotazione pari a 347,51 dollari.
Il ruolo di Reddit nel caso Game Stop
Cosa c’entra in tutto questo Reddit?
Per spiegare quanto è accaduto potremmo partire dal loro slogan “Power to the Players”. È proprio così che Game Stop ha trovato una mano tesa dai suoi “Players” mentre s’affacciava verso il baratro del tracollo finanziario. Come? Attraverso Reddit.
Un gruppo di utenti registrati sul social ha organizzato una “sommossa” collettiva capace di mettere i bastoni tra le ruote ai grandi investitori di Hedge Fund che avevano shortato il titolo di Game Stop. Insomma, secondo le voci di corridoio, un gruppo di investitori retail ha spaccato il proprio porcellino, raccolto i risparmi e deciso di investire in una causa benevola. A mio avviso, questa è stata una lotta ad armi pari.
Perché una lotta ad armi pari? La maggior parte dei media, in realtà, ha descritto la sfida che si è consumata nel caso Game Stop come una battaglia che vedeva i ricchi di Wall Street rappresentanti di quel mercato neoliberale e capitalistico contrapporsi ad investitori piccoli, dal carattere quasi sovversivo verso il mercato. Le cose non stanno così? Che significa poi “shortare”?
Mi spiego meglio: l’arma comune è il denaro. L’unica differenza fra i due attori della scena risiede nella quantità di denaro investita dagli “Small Actionist”, così definiti dalla sottoscritta, e nella quantità di denaro persa dai Big. Per rispondere alla seconda domanda “shortare”, un’azione significa scommettere che il prezzo di un titolo azionario diminuirà.
Si tratta di un’operazione di investimento che permette di approfittare delle fasi ribassiste dei mercati azionari. In questo caso coloro che avevano giustamente scommesso sul ribasso del titolo, non si aspettavano un boicottaggio capace di bruciare gran parte della loro liquidità.
Il sensazionalismo alla Robin Hood nel caso Game Stop
È stato questo effetto a sorpresa forse il plot twist che ha contribuito maggiormente alla carica sensazionalistica della vicenda, il fatto che dei grandi investitori siano stati presi in contropiede da small actionist giovanissimi. Questi ultimi, come diretta conseguenza del loro gesto, sono stati vestiti di un abito sovversivo dall’opinione pubblica. Non è un caso che la piattaforma di trading da cui sono partiti gli ordini d’acquisto si chiami Robin Hood. È davvero così? Quanto c’è di rivoluzionario in ciò?
Innanzitutto, non penso che dietro questo grande “Bingo azionario” ci siano solo Millennials, bensì penso che il tutto sia stato mosso da investitori consapevoli ben informati sulle società critiche e sulle liste di short interest che devono essere obbligatoriamente pubblicate per motivi di disclosure.
In tutto ciò aggiungerei che non c’è stato nessun paladino della giustizia pronto a “rubare ai ricchi per dare ai poveri”.
Non hanno partecipato ragazzi qualunque che durante la quarantena pandemica hanno seguito corsi di trading. Non parliamo di una lotta tra piccoli e grandi, tra deboli e potenti, tra poveri e ricchi. È facile pensare che questo sia un nuovo gioco inconsapevole dei Millennials o una reazione sovversiva capace di generare scombussolamenti in una industria regolamentata.
Quanto è accaduto, secondo me, si può piuttosto considerare una bolla finanziaria capace di generare euforia ed incertezza nel breve termine, con notevoli impatti sulla borsa in termini di profitti e perdite degli investitori.
Wall Street è davvero così fragile?
Ma si tratta davvero di un’industria regolamentata? Tutta questa storia pone in realtà dei seri dubbi sul mito del mercato che si autoregola ed evidenzia le fragilità nel funzionamento della finanza fino a farci chiedere se sia giusto che a controllarne l’andamento siano le società private proprietarie delle borse, con evidenti conflitti di interessi. Bernie Sanders ha twittato: “The business model of Wall Street is fraud”. Anche Alexandra Ocasio Cortez si dice pronta a richiedere un’audizione parlamentare. La finanza è davvero qualcosa di così vulnerabile? Ci sono organi preposti alla vigilanza della borsa valori?
L’organo predisposto a questo compito è la SEC (Securities and Exchange Commission), ovvero l’Organo di Vigilanza della borsa valori statunitense. Proprio alla luce di questa vulnerabilità la SEC nei giorni scorsi ha comunicato di aver avviato una attività di monitoraggio circa la volatilità di alcuni prezzi delle azioni, tra cui GameStop, “esaminando le azioni intraprese da entità regolamentate che possono aver svantaggiato gli investitori o limitato la loro capacità di investire”.
L’obiettivo preposto dalla SEC è quello di proteggere gli investitori retail da politiche abusive, manipolative e speculative, proibite dalle leggi federali sui titoli.
Che cosa ci ha insegnato tutta questa storia?
Possiamo trarre un insegnamento da quanto è accaduto? Chi è il vero vincitore?
In un sistema in cui la fiducia verso il mercato è fortemente minata frutto di fallimenti passati e crisi finanziarie in cui a rimetterci è sempre stato il piccolo cliente (il cosiddetto retail costantemente derubato e manipolato anche attraverso la vendita di prodotti tossici o improduttivi), questa esperienza ci insegna che probabilmente il cliente retail non è così “stolto” come sembra e che magari sarebbe necessaria una più stringente regolamentazione di mercato.
Il detto “small action big consequences” mai come in questo caso risulta essere fondato: se a livello individuale non si è perso nulla, a livello sistemico si è generato un impatto notevole. Il piccolo cliente ne è uscito vincitore ma, tuttavia, non sempre è in grado di capire il peso dei suoi gesti.
Quanto c’è di rivoluzionario nel caso Game Stop?
Come ho detto in apertura a questa intervista, il primo articolo che ho letto per informarmi sul caso Game Stop scomodava Karl Marx e la teoria del Crollo del Capitalismo. Continuando tesseva le lodi di quanto è accaduto individuando nel crollo di chi aveva scommesso sul fallimento di Game Stop il segnale di una rivoluzione economica e del possibile crollo di un capitalismo sempre più selvaggio. Per molti Reddit è un social network con un immaginario di sinistra e, per quelle stesse persone, il colpo che questi piccoli investitori hanno inferto a Wall Street può quasi considerarsi una lotta di classe? Il mercato sta cambiando? E se la risposta è sì in che modo?
Quanto accaduto, a mio parere, potrebbe rappresentare una nuova forma di investimento basata su un finto concetto di eticità, finalizzato a nascondere quegli intenti speculativi condivisi non solo dai big di Wall Street ma anche da coloro che hanno preso parte a questo “gioco” su Reddit.
A quanto pare, una regolamentazione stringente che tende a controllare le azioni dei “grandi” non è sufficiente a limitare questo circolo vizioso che coinvolge anche i piccoli in una speculazione continua, un’onda d’urto senza copertura dove non c’è neanche l’ombra di una “rivoluzione”.
Il mercato è sempre stato basato su un gioco fatto di regole imposte, soggettive e sleali.
Il domani
Cosa dobbiamo aspettarci dal futuro dopo il caso Game Stop?
In un periodo storico in cui tutto ruota su termini quali digitalizzazione, è necessario comprendere e ponderare gli impatti che possono scaturire dall’ingresso nei mercati di nuovi e giovani investitori, dotati di un grande bagaglio culturale in termini di tecnologia ma anche di una scarsa cultura finanziaria e di una forte propensione al rischio come fonte di svago quotidiano.
Questa nuova forma di investimento potrebbe essere scambiata per il nuovo tavolo di PokerStars. Qui il piccolo al massimo punterebbe 100 dollari e ciò che perderebbe è la sua puntata. Il grande giocatore che scommette sulla base della sua esperienza e dei suoi calcoli, nel momento in cui decide di scommettere al ribasso, non perderà solo 100 dollari ma molto più denaro. Questo porta nei confronti di un mercato già selvaggio ed incontrollabile conseguenze economiche deleterie ed irreversibili che si abbatteranno sulla collettività.
Di democratico e rivoluzionario, in tutto questo gioco, forse c’è ben poco.
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