Elezioni in Ecuador, scontro all’ultimo voto. Frode?

Durante le elezioni in Ecuador di settimana scorsa si è assistito ad un vero testa a testa tra Partito indigeno-ecologista di Yaku Perez e la coalizione di centrodestra che, alla fine, è riuscita ad avere la meglio. Frode o incompetenza nell’organizzazione del conteggio? Continua così la lotta all’estrattivismo e alla difesa della natura da parte della popolazione amazzonica.

di Naomi Di Roberto – OTHERNEWS

Elezioni in Ecuador
Immagine di ANSA

Si sono tenute Domenica scorsa le attesissime elezioni in Ecuador per rinnovare parte dei seggi in Parlamento ed eleggere il successore del Presidente uscente Lenin Moreno. Tra i sedici candidati, però, nessuno è riuscito ad ottenere la maggioranza necessaria per salire in carica, si procederà dunque a un ballottaggio indicativamente previsto per l’11 Aprile. Secondo la Costituzione del Paese, infatti, i due candidati più votati dovranno confrontarsi proprio al ballottaggio: il fine dei due sarà quello di raggiungere il 50% dei voti, o, almeno, il 40% con un vantaggio di 10 punti sull’avversario.

Uno dei due candidati è sicuramente l’economista Andres Arauz, alla guida di UNES (Unione per la Speranza), coalizione di centrosinistra che, alle elezioni in Ecuador avvenute settimana scorsa, avrebbe ottenuto il punteggio più alto raggiungendo poco più del 32% dei consensi. 

Arauz aveva promesso ai suoi elettori di tornare alle politiche socialiste di Correa, ex Presidente che, ricordiamo, con le sue decisioni intensificò l’estrazione di petrolio nel Paese, proprio con il fine di finanziare i programmi sociali.

Sul secondo, invece, il risultato dello scrutinio è stato incerto fino all’ultimo. 

Elezioni in Ecuador: ancora tutto da verificare?

Tra i “favoriti” nella competizione presidenziale c’è Guillermo Lasso, capo della coalizione di centrodestra CREO (Creando Opportunità). Il suo programma, che prevedeva il taglio di tasse e creazione di nuovi posti di lavoro attirati da investimenti internazionali (in particolare nel petrolio e nelle miniere), avrebbe ottenuto solo il 19,74% dei voti. Al limite, quindi, per superare Yaku Pérez Guartambel, attivista per i diritti degli Indios e leader del movimento indigeno Pachakutik la cui corsa, invece, sembra essersi fermata al 19,38% delle preferenze: un rafforzamento del movimento, comunque, davvero sorprendente, mai verificatosi prima nel Paese.

Chi è Yaku Pérez Guartambel

Perez, leader indigeno e ambientalista riconosciuto, è l’ex capo della provincia di Azuay e difensore dei diritti della natura: il suo Partito, creato nel 1995, nasce con l’obiettivo di combattere politiche neoliberiste e globalizzazione.

Il Pachakutik si presenta quindi come un partito di “un’altra sinistra”, quella più allineata ai valori ambientalisti, ai diritti degli indigeni (ancoraggi strettamente legati ai ritmi della natura), contro l’estrattivismo e, soprattutto, lontana dal socialismo.

Testa testa o frode alle elezioni in Ecuador?

Fino a ieri il tutto sembra però essere ancora da verificare, per giorni è stato un vero testa a testa tanto che lo stesso Presidente uscente Moreno aveva provato a sollecitare il Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) nel fornire risultati elettorali più accurati possibile in maniera celere. Già da Domenica scorsa i sostenitori di Perez avevano iniziato a protestare proprio sotto uffici del CNE, temendo che si potesse verificare una frode sull’esito delle votazioni.

Tutto sembrava suggerire non solo l’esistenza di nuove leadership, ma anche l’inizio di alleanze con settori ecologisti urbani e femministi, da sempre in prima linea contro le politiche di sfruttamento del sottosuolo. Ma al conteggio finale delle schede il risultato è andato a favore di Lasso per pochissime migliaia di voti. Frode? Incompetenza nell’organizzazione del conteggio dei voti? Fatto sta che Perez ha chiesto un’ulteriore verificare ma è difficile che il risultato possa mutare in suo favore.

Intanto il candidato di Izquierda Democratica Hervas, quarto con circa il 15% dei voti, si è appellato ai due proponendo un patto per il Paese che eviti il ritorno al correismo. Questo scenario riuscirà a portare un vero cambiamento all’interno del panorama politico-istituzionale del Paese?

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Covid-19: emergenza sanitaria mal gestita

Le elezioni in Ecuador si sono tenute nonostante il notevole aggravamento dell’emergenza sanitaria ad inizio anno. Un aggravamento che ha interessato soprattutto le comunità indigene che, nei loro villaggi, non posseggono adeguati servizi igienico-sanitari per prevenire la diffusione del virus, a cui si aggiunge anche uno scarso accesso a cure mediche, strutture sanitarie, tamponi per comprendere la diffusione reale del contagio.

Fino ad ora, il governo non ha mai agito per porre rimedio a queste importanti problematiche, l’Ecuador e le sue foreste risultano essere infatti tra le realtà che maggiormente, ad oggi, stanno soffrendo l’emergenza provocata dalla pandemia. Un’emergenza che, in effetti, si sta consumando nella foresta così come in città ove il sistema sanitario ha mostrato tutte le fragilità e difficoltà dovute forse anche ai numerosi e pesantissimi tagli subiti nel 2018-19.

Le popolazioni indigene nell’occhio del Covid

L’accesso ai territori è stato vietato, per evitare di portare il contagio dall’esterno. In molti sono così rimasti bloccati nei centri urbani, che per un popolo che vive perlopiù di caccia e pesca e dove l’economia monetaria è marginale, significa restare senza soldi per comprare cibo o prodotti essenziali, e senza la possibilità di procurarseli da sé come farebbero normalmente nella giungla.

L’emergenza sanitaria vissuta durante la primavera scorsa a nella regione di Guayas ha fatto il giro del mondo. Il Paese non era infatti riuscito a gestire nuovi contagi e morti portando l’intero sistema sanitario al collasso: molti cittadini furono costretti a tenere i cadaveri dei propri familiari in casa, il Comune di Guayaquil fece costruire circa quattromila bare in cartone per far fronte alle numerose domande.

Le popolazioni amazzoniche sono la chiave del cambiamento

Proprio Ecuador, Brasile e Bolivia, i Paesi che ospitano la foresta Amazzonica, ospitano popolazioni che hanno un ruolo fondamentale nella difesa della loro foresta pluviale, nell’ecologia e nella lotta ai cambiamenti climatici.

Decimate oggi per via dell’emergenza sanitaria, soprattutto in Brasile, sono proprio quelle che potrebbero attuare il reale cambio politico-economico dei Paesi dell’America Latina, ancorate a valori ancestrali legatissimi alla natura e al suo rispetto: un cambio che il mondo interno dovrebbe emulare.

Elezioni in Ecuador, la svolta ecologista

Elezioni in Ecuador
Immagine di TgCom

La diffusione della pandemia dovuta al Coronavirus si sta dunque aggiungendo a tutte le difficoltà che le popolazioni amazzoniche tentano di affrontare quotidianamente. 

L’Ecuador è sicuramente il Paese in cui gli indigeni, donne in prima fila, si son fatti maggiormente sentire contro le politiche di sfruttamento del sottosuolo e disboscamento.

Il referendum contro l’estrattivismo

Il 7 febbraio si è tenuta a Cuenca (terza città più grande del Paese), insieme alle elezioni Presidenziali, anche una consultazione popolare vincolante in cui si chiedeva alla popolazione di esprimersi sul divieto di autorizzare miniere di piccole e grandi dimensioni, in modo da salvaguardare ben cinque fiumi.

È iniziata, in merito, una fortissima campagna da parte di organizzazioni indigene ed ambientaliste con al centro proprio il tema della natura e della difesa delle acque. Il “no” ha raggiunto l’80% dei consensi, rafforzando una storica lotta dell’Ecuador contro il forte estrattivismo che, da sempre, è presente nell’America Latina. Un’estrattivismo che, anche se da un lato sembra apparentemente essere motore di sviluppo per il Paese, dall’altro mette in pericolo il territorio del “Polmone del Mondo”, portando con sé gravissimi problemi climatici. Leader di questa lotta all’estrattivismo e alla difesa delle risorse naturali è proprio Yaku Perez, lo stesso che, quando era prefetto, ha tentato per tre volte di organizzare in merito una consultazione popolare, consultazione per tre volte bloccata dalla Corte Costituzionale.

Quando accadrà che finalmente leader delle popolazioni native riusciranno a ricoprire ruoli esecutivi nelle amministrazioni istituzionali dei paesi che li governano e saranno padroni del loro destino e di quello della foresta pluviale? Ci auguriamo molto presto.

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