Il Regno Unito tornerà ovviamente a vendere armi all’Arabia Saudita

di Guglielmo RezzaOTHERNEWS

L’Arabia Saudita potrà tornare a contare anche sul Regno Unito per l’importazione di quelle armi impiegate per portare avanti la guerra in Yemen

Macerie dopo un bombardamento saudita a Dhamar (Copyright REUTERS/Ahmed al-Ansi/File)

L’Arabia Saudita è impantanata da anni in un conflitto nel cortile di casa, in Yemen, di cui non sembra ancora essere riuscita a venire a capo. Un intervento militare di una potenza regionale contro un movimento di guerriglia appena fuori dai confini nazionali non dovrebbe rappresentare un’impresa impossibile, specie se il Paese in questione ha notevoli introiti da investire in armamenti. Nonostante ciò, l’Arabia Saudita sembra proprio non riuscire a venire a capo del pantano yemenita.

Il conflitto in Yemen è l’ennesima guerra civile scoppiata a seguito delle cosiddetta “Primavere Araba”, nome peraltro invecchiato malissimo dato l’esito violento e caotico della maggior maggior parte delle manifestazioni e rivolte scoppiate in quel periodo. In Yemen le rivolte avevano portato alle dimissioni del presidente Saleh -vale la pena specificare che la carica presidenziale in questione non era propriamente convalidata tramite elezioni democratiche, ragion per cui si potrebbe azzardare un “Presidente autoritario” o direttamente “dittatore”- e all’ascesa al potere del suo vice Mahdi.

Mahdi non è riuscito a tenere insieme un Paese scosso da profonde fratture sociali, disoccupazione dilagante, carestie e, come se non bastasse, gruppi terroristici e profonde divisioni etniche e religiose. Nel caos di un Paese in profonda crisi è emerso il movimento armato Huti, appartenenti alla minoranza sciita -nello specifico alla setta Zaydista, parte della galassia sciita- dello Yemen, che invece è a maggioranza sunnita. Gli Huti sono stati capaci di coalizzare attorno a sé non solo sciiti, ma anche una certa porzione di quel malcontento diffuso contro il Presidente Mahdi.

Gli Huti hanno preso possesso della capitale Sana’a, costringendo il Presidente Mahdi a rifugiarsi ad Aden. Tuttavia, il movimento sciita Huti era visto come troppo vicino all’Iran per lasciar loro prendere il controllo di un Paese confinante con l’Arabia Saudita: con l’operazione Decisive Storm l’Arabia Saudita è intervenuta a scongiurare l’assalto Huti su Aden, decisa a ricacciare indietro i ribelli e a riprendere controllo di Sana’a in poche settimane. Quello che avrebbe dovuto essere un intervento rapido e indolore si è invece trasformato in una lunga campagna, fatta soprattutto di bombardamenti aerei, che si è scontrata con una dure resistenza Huti e con un’apparente incapacità dei sauditi di venire a capo del conflitto.

L’Arabia Saudita, incapace di ottenere una rapida vittoria, ha condotto una guerra sporca, facendo uso indiscriminato di bombardamenti indiscriminati oggetto di dure critiche internazionali. Nello specifico, 5 anni di bombardamenti sono stati possibili solo grazie all’acquisto da parte dell’Arabia Saudita di armi dall’estero, profumatamente pagate con i proventi della vendita del petrolio. In Gran Bretagna, uno dei Paesi fornitori di bombe, gruppi della società civile erano riusciti ad ottenere la sospensione della vendita: nel 2019, la Corte di Appello di Londra aveva sospeso la vendita di armi all’Arabia Saudita poiché andava accertato il rischio che queste venissero usate in violazione della diritto umanitario internazionale.

Tale rischio è piuttosto concreto, dato che report dell’ONU attestano la morte di 7.700 civili dal 2015, il 60% dei quali in bombardamenti da parte della coalizione saudita. Certo, bisogna ricordare che i bombardamenti non sono di per sé illegali, neanche se vanno collateralmente a colpire civili, ma diventano tali quando diretti deliberatamente contro obbiettivi non militari e ad alta densità abitativa. Stando alle stime dell’ONU, peraltro al ribasso rispetto ad altre fonti di attivisti, questo potrebbe essere tranquillamente il caso.

Tuttavia, come era prevedibile, l’esportazione di armi dal Regno Unito verso l’Arabia Saudita è stata nuovamente autorizzata questa settimana, poiché gli ultimi report hanno definito l’uccisione di civili come “casi isolati”, affermando che non vi fosse un “evidente rischio” di violazioni di diritti umani. Molto prevedibilmente, la ragion di Stato e l’interesse economico verso un partner commerciale dell’importanza dell’Arabia Saudita hanno avuto la meglio sulle preoccupazioni in materia di diritti umani. Anzi, il solo fatto di aver raggiunto la sospensione per, un anno, di armi verso il Paese del Golfo, dovrebbe essere ritenuto di per sé un successo.

Nel frattempo i bombardamenti sono proseguiti, con o senza le forniture britanniche e continueranno indisturbati finché l’Arabia Saudita non si sentirà sicura dei propri confini. L’Arabia Saudita è un alleato troppo importante dell’Occidente e nessuno è disposto a mettere a repentaglio i propri rapporti con esso “solo” per una questione di diritti umani.