The Sunday Breakfast – 48 – panoramica sui fatti globali della settimana

a cura di Cecilia Capanna

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di Gianfranco Maselli – 6-13 settembre 2020

Le scintille di un antico attrito che si riaccendono, un campo profughi che invece va copiosamente a fuoco. Un dissidente avvelenato, un giornalista imprigionato. La corsa all’acquisto di un vaccino fra i paesi più ricchi del mondo ed i traguardi di un’ altra corsa, di riscatto e diritti, tutta al femminile. Quello che sembra un intreccio romanzesco, una fabula avvincente è, invece, la rassegna dei fatti globali che questa settimana tesse insieme gioia, sdegno, sospetto, incognite e dolore.

PACE?

Proprio di dolore trabocca la cronaca di quanto è accaduto al campo profughi di Moria, devastato da un terrificante incendio. Alla base del rogo ci sarebbe una rivolta interna guidata dalla paura per il contagio da Covid-19 nel campo. Si teme per il destino dei rifugiati e per quello di un’ Europa che, con la Missione Irini, sembra aver risposto male all’emergenza migratoria nonostante il significato del nome dell’operazione, tant’è che le relazioni fra Grecia e Turchia, già compromesse dall’immigrazione clandestina nel mediterraneo orientale, sono ai minimi storici.

Come se non bastasse, entrambe rivendicano i diritti di esplorazione e di sfruttamento dei giacimenti petroliferi e di gas naturale. Mentre i due paesi difendono strenuamente la loro posizione, Emmanuel Macron ha cercato di mediare fra loro nel vertice dei Paesi del sud dell’Unione europea in Corsica. Di Moria e del summit ci parla la nostra Naomi Di Roberto 👇

https://www.other-news.info/notizie/2020/09/11/grecia-campo-profughi-moria-distrutto-dalle-fiamme/

PROTOCOLLI FRAGILI

Grecia e Turchia non sono gli unici a bisticciare. È tornata a salire anche la tensione tra Cina e India e i colpi sparati lungo il confine tra i due paesi, come non se ne vedevano da anni, sarebbero la conferma definitiva.

Ciascuna parte incolpa l’altra di passi oltraggiosi, di colpi sparati senza avvertimento, di “gravi provocazioni militari di carattere vile” e di sconsideratezza nella scelta di mettere a repentaglio una lunga tradizione costruita sull’estensione dell’uso di armi da fuoco, un protocollo in vigore da decenni che rischierebbe di crollare da un momento all’altro. Col nostro Guglielmo Rezza cerchiamo di capire la storia che lega i due paesi e perché certi antichi dissapori non riescono a trovare pace. 👇

https://www.other-news.info/notizie/2020/09/11/spari-ad-alta-quota/

UNA CELLA PER DUE

Anche le peripezie che stravolgono la vita di Julian Assange non sembrano diminuire. Dopo la pausa dovuta al Covid-19, il 7 settembre scorso è ricominciato a Londra il processo di estradizione a suo carico. Si tratta di un’udienza probatoria che mira a verificare se siano fondate le accuse, formulate dai procuratori americani, di violazione dell’Espionage Act americano, una legge del 1917 che Assange è accusato di aver trasgredito con la pubblicazione di alcuni documenti diplomatici e militari segreti su WikiLeaks, nel 2010.

Se la corte inglese accoglierà le accuse dei procuratori americani, il capo di WikiLeaks rischierebbe fino a 175 anni di carcere negli Stati Uniti e a fargli tristemente compagnia, in una cella per due, ci sarebbe anche la libertà d’espressione, un diritto che in America sembra essere diventato quasi un inquilino scomodo. Difficile sorprendersene, considerando il disinteresse del Presidente Donald Trump nei confronti delle continue violazioni dei Diritti Umani nel paese. Facile restare di stucco, tuttavia, se si apprende della candidatura al premio Nobel per la Pace del suddetto Presidente.

PEACE AND LAW

A motivare la candidatura di Donald Trump al premio Nobel per la pace, presentata da Christian Tybring-Gjedde, presidente dell’Assemblea parlamentare della Nato, ci sarebbe il contributo del Presidente americano alla risoluzione di conflitti globali, come quello fra India e Pakistan in Kashmir e fra le due Coree e gli accordi diplomatici promossi in Medio Oriente e nei Balcani.

Per Donald Trump è certamente una gran bella notizia anche se, tuttavia, il presidente è costretto a volare basso: assieme alla sua quest’anno sono arrivate oltre 300 candidature.

PERSONAGGI SCOMODI

Di personaggi scomodi sembra ce ne siano in abbondanza in Bielorussia. Alcuni riescono a lasciare il paese, altri vengono incarcerati, come Maria Kolesnikova, una dei leader dell’opposizione al presidente Alexander Lukashenko, scomparsa a Minsk per essere stata poi ritrovata e arrestata al confine con l’Ucraina. Altri ancora invece vengono avvelenati. È il caso del dissidente russo Alexei Navalny, caso che ha complicato le relazioni tra la Russia e la Germania, rianimando una battaglia che dura dal 2011, anno in cui Vladimir Putin ha lanciato “Nord Stream2”, il progetto del nuovo canale di trasferimento del gas dalla Russia alla Germania, su cui Angela Merkel non ha escluso di caricare possibili sanzioni come conseguenza dell’avvelenamento dell’oppositore di Putin. L’ipotesi di stop unilaterale a un progetto del genere, completato per oltre il 90%, con decine di aziende coinvolte, sarebbe tuttavia infattibile e richiederebbe da parte di Berlino il pagamento di una penale tutt’altro che irrisoria. Questa ipotesi, inoltre, minerebbe anche l’affidabilità commerciale della Repubblica Federale, da sempre un suo punto di forza in campo internazionale.

Anche Mike Pompeo non risparmia parole per commentare quanto sta accadendo in Russia, riconducendo la responsabilità dell’avvelenamento di Navalny ad “alti funzionari” del governo russo, che avrebbero orchestrato l’omicidio in ogni particolare.

VACCINO ELITARIO

L’orchestra del tanto atteso vaccino per il Covid-19 invece è composta da pochi musicisti, da pochi paesi che dispongono di una ricchezza così cospicua da potersi permettere di prenotare oltre due miliardi di dosi, con uno scatto felino.

In particolare, in testa al gruppo, al momento spicca la Gran Bretagna, che ha già messo le mani su 340 milioni di dosi, l’equivalente di cinque somministrazioni pro capite, un record mondiale. Al secondo posto seguono gli Stati Uniti, che a metà agosto si erano già assicurati 800 milioni di dosi di almeno sei vaccini in via di sviluppo. Dietro i primi due seguono i Paesi dell’Unione europea (che stanno acquistando i vaccini in gruppo) e il Giappone, con altre centinaia di milioni di dosi.

Gli stati che hanno pre-acquistato le dosi ne destineranno il 3-5% a Stati che avrebbero più difficoltà ad acquistarli. Non si tratterà tuttavia di una scelta randomica ma di una selezione che verrà effettuata liberamente, così come sarà a discrezione dei paesi più ricchi decidere il numero di dosi da destinare.

Mentre Astra-Zeneca rilascia una dichiarazione promettendo di non lucrare sull’epidemia e vendere le dosi al prezzo minimo possibile per garantirne la produzione, l’ombra di un vaccino appannaggio di pochi continua ad aleggiare sul panorama globale. Nel segno di una cura che sia liberamente accessibile a tutti, la Lettera aperta al Segretario delle Nazioni Unite, scritta da Riccardo Petrella, da Roberto Savio e da Agorà degli Abitanti della Terra, lancia un appello fondamentale finalizzato a rendere il vaccino un bene comune universale 👇

https://www.other-news.info/notizie/2020/09/08/lettera-aperta-a-l-segretario-generale-delle-nazioni-unite-su-covid-19-sanita-e-beni-pubblici-globali/

RISCATTO

L’Afghanistan invece ci racconta una storia di riscatto e traguardi importanti, tutta al femminile. Mentre si contano 12 morti nell’attentato che a Kabul ha preso di mira il convoglio del vicepresidente afghano Amrullah Saleh, il paese giunge ad un punto di svolta importante che coinvolge le donne Afghane.

In un mondo dove le donne devono affrontare la prigione di stoffa del burqa, un abito che rappresenta il simbolo della loro cancellazione da una società patriarcale in cui non hanno diritto ad alcun nome in pubblico, l’introduzione del proprio nome sulle carte d’identità nazionali per le donne afghane rappresenta una svolta importantissima, una vittoria raggiunta dopo innumerevoli sacrifici. L’iniziativa è nata dalla provincia di Herat e dalla battaglia di alcune attiviste locali, battutesi fino all’ultimo respiro affinché si approvasse una proposta di modifica della legge sul censimento, per includere il nome della madre sulla carta d’identità dei figli.

Nonostante l’emendamento debba essere approvato dal Parlamento, con la firma del Presidente, si tratta di un primo passo importante, che apre alle donne afghane una strada per  riappropriarsi della loro dignità come esseri umani e della loro autorità, senza la presenza di uomo.

Ci fermiamo qui, grazie dell’attenzione, alla prossima settimana.

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